Questa cosa di cose

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Le cose si incastrano,
si accaniscono,
si nascondono,
si bloccano:
le cose rimandano,
abbattono e ammazzano.

Tentano di farmi far tardi
più tardi di quel che già faccio.
Si nascondono e ridono.
Le stronze di cose le sento ridere
e già anche le vedo,
ma mica si fanno trovare!
E se anche le trovo
appena le tocco sanno sfuggire.
Vigliacche. Scappano,
oppure si aggrappano a qualcos’altro, e s’incagliano.
Si staglia una forza contro il mio tirare
a me, o lo spingere via delle cose più odiose,
come le icone cattoliche o le orchidee leggiadre
di quando un bel giorno è morto mio padre.
Le cose insopportabili piene di ipocrisia,

Questa cosa di cose sfinisce,
deruba ed innervosisce,
come i pini abbattuti alla caserma Vannucci.
Una cosa vigliacca sotto gli occhi di tutti.
Fatta sotto le feste,
davanti alle finestre.
Alla luce del sole a tagliare le teste.
I cittadini per primi collabora(lava)tivi
spettatori affacciati dai loculi abitativi.
Il viceassessore anche lui si è affacciato
dalla finestra del social da cui ha parlato,
si è interessato scrivendo, coi forse e “si spera”,
mentre cascavano fronde dalla mattina alla sera,
per cinque giorni, con la motosega vigliacca
che straziava la vita che ancora era intatta
che ancora attende
l’autorità che si masturba nelle troie rotonde.

In questa Dachau dietro via Settembrini
è toccato far gli ebrei ad una trentina di pini,
ma noi di – Livorno uber alles – cittadini,
pensiamo davvero che sia diverso
quando a decidere sono dei nostri bambini?
Il sindaco ingegnere?
L’ente giardini?
L’assessorato, la municipale e tutti gli affini?
Questa cosa di cose
mi abusa dentro,
corrompe qualcosa di mafioso degrado
(come fece il buon prete al vescovado)
queste cose vili mi fanno incazzare,
mi fanno odiare,
chi i diritti di un albero sa calpestare
anche quelli di un uomo sa trucidare.

Queste cose che abbattono
travestite da potatura,
hanno rubato vita alla natura.
Hanno rubato vita né mia né tua,
né dell’ente competente e della polizia sua,
vita che era stata affidata,
per esser protetta, se malata curata.
Questa cosa di cose assassine del vivente
mi violentano l’anima e mi stuprano la mente,
mi derubano del diritto di parlare e di fare,
mi hanno impedito d’impedir di ammazzare.
Su un foglio le sbatto queste cose vigliacche,
le lego a catene di significanti,
le ammaestro pietose come in un bel circo,
che ballucchino in rime,
abbattute da un punto alla loro fine.

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