Regionali F.I.Wu.K. 2009, Arezzo

Queste sono le foto scattate durante la II ed interminabile giornata delle competizioni regionali 2009, ad Arezzo.

Secondo me andrebbe istituito un premio speciale da donare a tutti, arbitri compresi, per la pazienza e la dedizione con cui si continua, anno dopo anno, ad andare a queste gare, che iniziano alle 9.00 e si disputano, in taluni casi, dopo 11, 12 e addirittura 13 ore!

Un abbraccio grande, quindi, a tutti i partecipanti! Non solo ai vincitori, tra cui con piacere vedo persone care, grandi piccini e piccoli ormai divenuti ragazzi.

Appena si capirà come e soprattutto quando farlo, potremo avere anche i filmati delle forme.

Varie

Varie, di tutto di più. Scusa a coloro a cui ho fatto poche foto o addirittura nessuna.

57 Photos

Bimbi

I bimbi sono la gioia!!! Peccato non aver potuto essere anche Sabato a riprenderli ed a fotografarli

30 Photos

David

Davidino, purtroppo non ho visto le tue gare, ma tanto sei bravissimo, così come mi hanno detto! Speriamo ai nazionali di vederti fare Tang Lang

4 Photos

Luca

Cioè, a me Luchino mi garba troppo. A parte il fatto che in bastone ha messo più forza lui che tutto il resto del mondo! E poi Luchino ha tanto tanto spirito.

9 Photos

Gaia

Gaietta bella e brava! Complimentissimi a tia ed ai tuoi insegnanti

12 Photos

Filippo

Come sei diventato alto e bravo Filippo! Sei la gioia, e in spada sei un fulmine! Bravo e complimenti ai tuoi maestri ed a madre natura!

7 Photos

Giulia

O Giulia! Bravissima Giulietta 🙂 E poi sei troppo matta!!!

5 Photos

Serenella

La Sere è superbrava. C’ha 2 polmoni così e ti spara ‘ste forme come se fossero bicchierini d’acqua. Brava Sere, e che spettaolo la spada Serenella. Appena ce la faccio ti passo i filmati.

23 Photos

Clau e Ioni

Clau e Ioni, oltre ad essere con Nicco, la mia famiglia e pochissimi altri, le persone più care che ho sulla faccia della terra, sono i pezzi da 90 della Toscana! Il bello è che sono anche in Italia i pezzi da 90; meditate gente, meditate…

16 Photos

Claudia

Ovviamente non faccio testo e sono di parte…, ma come la Claudia un ce n’è! Brava bimba mia bella, tanti baci

126 Photos

Ioni

Ioni, prima di tutto ti voglio tanto bene! Sei uno spettacolo Ioni, e il bastone (se Dio vole, era l’ora!) la vera gioia!!! Hen hao

59 Photos

Nicco

Oh, bomber! Sei uno spettacolo Nicco, allenati di più e spacchi i cvli a tutti! Quando si riviene a cena omo?

48 Photos

Nicco M.

Nicco M…mmmmarema maiala come sei bravo Nicco. Ti s’è detto tante volte, ma è bene anche scriverlo! E poi siamo troppo contenti dell’amicizia. Bravo biondino, e bada ai bozzi

31 Photos

Jonathan

Grande Jonny. Scusa ma le foto io le metto uguale 🙂

10 Photos

Alessio Stefanelli

Grande Ale. E’ stato davvero un piacere rivederti far le gare, ci vediamo ai nazionali!

66 Photos

Taiji

E’ stato bello rivedere vecchi amici di Livorno, poterci chiaccherare e vedere che praticano sempre. Grande poi il Pierone che ha vinto tutto.

16 Photos

Premiazioni

Finalmente, dopo tutti, ma proprio tutti, anche la polvere, siamo giunti alla premiazione! Bravi a tutti i partecipanti

112 Photos

叶圣陶 YE SHENG TAO, un uomo del suo tempo

Dopo l’articolo dedicato a Nushu della carissima Jiejie Francesca (adesso divenuto pagina fissa, così come sarà per questo lavoro straordinario!!!), con grandissima gioia ritorno a presentare il lavoro di un amico! Un lavoro superbo, del mio fraterno e compagno di VICINA Alessandro, Tie Baozi, dedicato a 叶圣陶 Ye Shengtao, scrittore, letterato, fondatore dell’Associazione 文學研究會 per lo studio della letteratura, la cui vita intera (28 Ottobre 1894 – 16 Febbraio 1988) è stata dedicata alla scrittura, alla pubblicazione del all’educazione al linguaggio (文學為人生).

Il lavoro di Tie è suddiviso in 4 sezioni, delle quali la I è una panoramica introduttiva sulla straordinaria figura di 叶圣陶, sulla sua concezione di “letteratura per la vita” e come riflesso speculare del mondo e della realtà circostante, dunque di sguardo “allenato” all’osservazione “non necessario soltanto per il bene della letteratura, piuttosto, occhi allenati, in realtà  nutrono la vita“. Un altro aspetto fondamentale della poetica di 叶圣陶 èil concetto di educazione, con un orvesciamento della prospettiva nel rapporto allievo-maestro per la realizzazione della condizione di sviulppo, nello studente, di un proprio modello di valutazione ed in senso critico individuale.

Questo conceto, per me interessantissimo e davvero urgente in ambito educativo scolastico ed extra-scolastico, urgenza derivata dalla personale esperienza in ambiti accademici ed in strutture sportive regionali e nazionali, è sviluppato ed approfondito da Tie nella IV sezione,  assieme ad il concetto di “vissuto come argomento letterario” che emerge dalle parole dello stesso 圣陶 che Tie cita puntualmete e che ivi riporto: “…guardando indietro, mi sembra di non aver mai scritto niente di cui avessi soltanto una vaga conoscenza. In altre parole, non posso scrivere di qualcosa semplicemente immaginandola, benchè non voglia bandire l’elemento fantastico. Ho vissuto nelle metropoli, nelle città e nei villaggi, ed ho scritto di ciò che ho osservato. Come insegnante ho conosciuto qualcosa a proposito della vita nel mondo dell’educazione, e di questo ho scritto. Seppur in modo superficiale ho assistito al graduale sviluppo della rivoluzione cinese ed anche di ciò ho scritto…”

Grazie Tie di questo lavoro prezioso, che in primis mi ha fatto conoscere l’esistenza e mi ha introdotto all’opera di uno scrittore unico, la cui poetica trova nella mia piccola esperienza punti di contatto e di confronto interessantissimi con Jean Pierre Faye, in molteplici ambiti, come la definizione di un “nuovo” linguaggio letterario , dello stile, dei temi della letteratura, così come espresso in Le récit hunique – il racconto dell’Unno, in cui l’Unno, tornato al proprio villaggio dopo uno straordinario viaggio nel futuro “Nuovo Mondo”, racconta ai compaesani ignari perfino dell’esistenza di quel continente, mai “usciti” dalla propria realtà e dai propri confini, l’esperienza straordinaria del proprio vissuto.

你爱的朋友羞龍

叶圣陶 YE SHENG TAO, un uomo del suo tempo

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Su Chabuduo, dopo l’articolo dedicato a Nushu della carissima Jiejie Francesca (adesso divenuto pagina fissa, così come sarà per questo lavoro straordinario!!!), con grandissima gioia ritorno a presentare il lavoro di un amico! Un lavoro superbo, del mio fraterno e compagno di VICINA Alessandro, Tie Baozi, dedicato a 叶圣陶 Ye Shengtao, scrittore, letterato, fondatore dell’Associazione 文學研究會 per lo studio della letteratura, la cui vita intera (28 Ottobre 1894 – 16 Febbraio 1988) è stata dedicata alla scrittura, alla pubblicazione del all’educazione al linguaggio (文學為人生).

Il lavoro di Tie è suddiviso in 4 sezioni, delle quali la I è una panoramica introduttiva sulla straordinaria figura di 叶圣陶, sulla sua concezione di “letteratura per la vita” e come riflesso speculare del mondo e della realtà circostante, dunque di sguardo “allenato” all’osservazione “non necessario soltanto per il bene della letteratura, piuttosto, occhi allenati, in realtà nutrono la vita“. Un altro aspetto fondamentale della poetica di 叶圣陶 èil concetto di educazione, con un orvesciamento della prospettiva nel rapporto allievo-maestro per la realizzazione della condizione di sviulppo, nello studente, di un proprio modello di valutazione ed in senso critico individuale.

Questo conceto, per me interessantissimo e davvero urgente in ambito educativo scolastico ed extra-scolastico, urgenza derivata dalla personale esperienza in ambiti accademici ed in strutture sportive regionali e nazionali, è sviluppato ed approfondito da Tie nella IV sezione, assieme ad il concetto di “vissuto come argomento letterario” che emerge dalle parole dello stesso 圣陶 che Tie cita puntualmete e che ivi riporto: “…guardando indietro, mi sembra di non aver mai scritto niente di cui avessi soltanto una vaga conoscenza. In altre parole, non posso scrivere di qualcosa semplicemente immaginandola, benchè non voglia bandire l’elemento fantastico. Ho vissuto nelle metropoli, nelle città e nei villaggi, ed ho scritto di ciò che ho osservato. Come insegnante ho conosciuto qualcosa a proposito della vita nel mondo dell’educazione, e di questo ho scritto. Seppur in modo superficiale ho assistito al graduale sviluppo della rivoluzione cinese ed anche di ciò ho scritto…”

Grazie Tie di questo lavoro prezioso, che in primis mi ha fatto conoscere l’esistenza e mi ha introdotto all’opera di uno scrittore unico, la cui poetica trova nella mia piccola esperienza punti di contatto e di confronto interessantissimi con Jean Pierre Faye, in molteplici ambiti, come la definizione di un “nuovo” linguaggio letterario , dello stile, dei temi della letteratura, così come espresso in Le récit hunique – il racconto dell’Unno, in cui l’Unno, tornato al proprio villaggio dopo uno straordinario viaggio nel futuro “Nuovo Mondo”, racconta ai compaesani ignari perfino dell’esistenza di quel continente, mai “usciti” dalla propria realtà e dai propri confini, l’esperienza straordinaria del proprio vissuto.

你爱的朋友羞龍

Mal di Cina su Xiuart.org

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Sono alla prese con un lavoro che mi piace infinitamente, e che ritrae a matita una bambina tibetana dello Yunnan, e si basa sulla fotografia “Bambina di un villaggio nei pressi del monastero Songzanlin” di Gianni Limonta in “YunnanCina” pubblicato nel 2000 dalla Leonardo Arte.

Mal di Cina, mentre lavoro, qualche settimana fa
Bambina di un villaggio presso Songzanlin, Yunnan
Bambina di un villaggio presso Songzanlin, Yunnan

Lo schizzo preparatorio eseguito a tecnica mista , acquerello e matita colorata su carta da spolvero rosa, è stato selezionato per la copertina del libro “Benvenuti nel paese delle donne, i Moso. un viaggio ai confini del Tibet” di Francesca Rosati Freeman, edito dalla XL edizioni, attualmente in pubblicazione ( http://www.xledizioni.splinder.com ).

copertina
Francesca Rosati Freeman, "Benventui nel paese delle donne, i Moso: un viaggio ai confini del Tibet"

Questo è anche il ritratto del sentimento personale di immensa nostalgia per la Cina, in particolar modo dei paesaggi umani incontrati nel mio pellegrinaggio lungo la porzione nord-occidentale della provincia dello Yunnan, ai piedi del Tibet.

Il titolo è anche citazione dell’opera omonima di Ilario Fiore che ben descrive sintomi e sentimenti del mal di Cina.

La bambina di Songzanlin è l’incarnazione della bellezza vissuta laggiù, di volti di terracotta dalle gote arrossate dal sole, di espressioni fiere ed al contempo timorose con sguardi di perla, della festa di colori dei costumi tradizionali delle minoranze dello Yunnan, un’enorme ricchezza ed una sconfinata varietà etnica, culturale ed artistica di quella provincia ai confini dello Sichuan e del Tibet, una delle visioni più toccanti che quotidianamente rivive nei miei pensieri e nei miei ricordi di Cina.

Il monastero di Songzanlin è un complesso religioso la cui fondazione risale a circa 300 anni fa, e nella sua imponente struttura vivono dai 200 ai 300 monaci buddisti. La via per accedere al monastero è circondata da vecchi edifici fatti di terra essiccata e legno, con improvvisi lampi di calce bianca, uno sfondo unico e silenzioso in cui appaiono e veleggiano macchie porpora e rosa: i monaci al lavoro e le bambine del villaggio limitrofo dalle vesti fuxia, con copricapi sgargianti, decorati con motivi floreali, dai volti dolci e baciati dal sole, che desiderano vendere piccoli oggetti dell’artigianato locale ai visitatori.

Il monastero si trova presso la città di Zongdian, conosciuta anche con il nome di Shangri-la, distante circa 200 km a Nord di Lijiang, crocevia etnico-culturale e capitale della religione Dongba e della tradizione manoscritta pittografica del popolo Naxi.

Lijiang, Zongdian ed i loro abitanti sono alcune gemme del variopinto e prezioso scrigno dello Yunnan, a sua volta parte dell’immenso tesoro della Cina. Questa provincia sud-occidentale abbraccia la più grande varietà di visioni e paesaggi di tutta la Cina, partendo dalla giungla del sud al confine con Laos e Myanmar (Birmania) e giungendo a nord fino alle imponenti montagne del Tibet, un altopiano di terra rossa solcato da fiumi imponenti come lo Yangtse, il Mekong ed il Salween.

La ricchezza naturale si esterna con il brulicare della vita in tutte le sue espressioni e varietà: delle 30.000 specie di piante viventi in Cina 18.000 si trovano in Yunnan, così come per la fauna, e sul suo territorio vivono ben 25 delle 56 minoranze etniche cinesi.

Mal di Cina, pochi giorni fa
Mal di Cina, pochi giorni fa

Il volto, gli occhi, l’esplosione di colori degli abiti della bambina di Songzanlin, una bimba tibetana, è il ritratto di questa abbagliante varietà e della ricchezza variopinta che ho incontrato nel mio pellegrinaggio nel 2005, al cui ritorno sono stato afflitto da inevitabile mal di Cina.

In attesa dei regionali…

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Locandina regionali FIWuK 2009
Locandina regionali FIWuK 2009
Fra una settimana esatta avranno inizio i campionati regionali di Wushu – F.I.Wu.K. in Toscana, che si svolgeranno ad Arezzo.

Per l’occasione uniamoci e facciamo i migiori auguri a tutti i partecipanti, grandi, medi e piccini! E poi, personalmente, sono felicissimo di poter rivedere Ale (e Sara ed il piccino) che riprenderà parte alle competizioni dopo un brutto infortunio al gin-occhio!

Per l’occasione, oltre alle foto poi, si cercherà di riprendere tutto, ma proprio tutto, così da poter caricare i video su Youtube e condividerli sul web.

Un augurio particolare a Clau, Ioni, i 2 Niccolò, la Serenina e la Giulia, che sicuramente saranno bravissime/i e si faranno valere, o almeno venderanno cara la pelle: alla prossima settimana quindi…

女書 Nu Shu: la scrittura intima delle donne dell’Hunan

Sono davvero felice di poter pubblicare su Chabuduo questo articolo stupendo.

Vibrante!

Scritto da Francesca Rosati Freeman, autrice del libro “Benvenuti nel paese delle donne. I Moso: un viaggio ai confini del Tibet” che verrà a breve pubblicato dalla XL Edizioni.

Ho avuto la fortuna di conoscere Francesca proprio durante la stesura del suo libro, e da uno scambio accalorato di idee, ipotesi, dati storici ed antropologici, il tutto amalgamato dal collante dei sentimenti di amore per la Cina, di ammirazione verso le minoranze Moso e Naxi, ha preso vita un’amicizia profonda, che a prescindere dagli affanni quotidiani e dai risultati conseguiti nelle nostre ricerche, sono il più prezioso tesoro che sento di possedere.

Un tesoro composto da gioielli tempestati di pietre preziose che scintillano multicolori nelle proprie diversità: diversità come ricchezza, e non quali fattori discriminanti.

La stessa ricchezza è la sensazione che provo nel ripensare ai giorni passati di pratica del Wushu in determinati luoghi, con persone e sentimenti che per mille motivi sono trasformati, alcuni fortificati, altri – la maggior parte – svaniti e persi per sempre, come la sabbia passa inesorabilmente dal setaccio del cercatore d’oro per lasciarvi le pepite, assieme alle impurità.

Io, anche se in Italiano non si dovrebbe mai cominciare un periodo così, penso ed avverto che lo sguardo con cui Jiejie Francesca c’introduce ad un argomento, per me interessantissimo, quale il Nushu – “la scrittura delle donne” sia davvero coinvolgente, affascinante, e che dalle righe davvero ben scritte di questa introduzione efficace si presenti un argomento sicuramente da approfondire, così come si mostrino tematiche che suscitano idee e sentimenti da ascoltare in primis, rielaborare ed esprimere in parole che possano accendere un dibattito costruttivo, ricco, interdisciplinare, multicolore, pointilliste, al quale mi sento chiamato a partecipare con passione.

Grazie Jiejie Francesca, di tutto.

Tuo Didi!

Stefano Zamblera – Xiulong

***

Cartina Cina/Hunan, tratta da Wikipedia

Cartina Cina/Hunan, tratta da Wikipedia

La trascrizione in caratteri cinesi è 女書(nu shu=scrittura delle donne).

C’è chi dice che data di 400 anni fa, chi di mille o di tremila se ci si riferisce al ritrovamento di alcune iscrizioni ritrovate sulle ossa di animali o scaglie di tartaruga nelle rovine Yin, ma c’è chi dice che è ancora più antica facendola risalire alle società matriarcali.

Alcuni dicono che si tratta di un codice segreto, altri precisano che si tratta di un sistema di scrittura, qualcuno afferma che è già scomparsa, altri ne prevedono l’imminente estinzione, ma nonostante le origini del nu shu non siano ancora molto chiare, ciò non toglie nessun valore alla sua creazione e pratica in una regione isolata della Cina, l’Hunan, e precisamente nella prefettura di Jiang Yong, nella zona montagnosa del Sud-Ovest del paese dove gli Han coabitano con gli Yao e le donne per comunicare fra di loro e confortarsi a vicenda, hanno inventato una scrittura, trascrizione del loro dialetto locale…

女書 Nu Shu: la scrittura intima delle donne dell’Hunan, di Francesca Rosati Freeman

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Nu Shu
Sono davvero felice di poter pubblicare su Chabuduo questo articolo stupendo.

Vibrante!

Scritto da Francesca Rosati Freeman, autrice del libro “Benvenuti nel paese delle donne. I Moso: un viaggio ai confini del Tibet” che verrà a breve pubblicato dalla XL Edizioni.

Ho avuto la fortuna di conoscere Francesca proprio durante la stesura del suo libro, e da uno scambio accalorato di idee, ipotesi, dati storici ed antropologici, il tutto amalgamato dal collante dei sentimenti di amore per la Cina, di ammirazione verso le minoranze Moso e Naxi, ha preso vita un’amicizia profonda, che a prescindere dagli affanni quotidiani e dai risultati conseguiti nelle nostre ricerche, sono il più prezioso tesoro che sento di possedere.

Un tesoro composto da gioielli tempestati di pietre preziose che scintilano multicolori nelle proprie diversità: diversità come ricchezza, e non quali fattori discriminanti.

La stessa ricchezza è la sensazione che provo nel ripensare ai giorni passati di pratica del Wushu in determinati luoghi, con persone e sentimenti che per mille motivi sono trasformati, alcuni fortificati, altri – la maggior parte – svaniti e persi per sempre, come la sabbia passa inesorabilmente dal setaccio del cercatore d’oro per lasciarvi le pepite, assieme alle impurità.

Io, anche se in Italiano non si dovrebbe mai cominciare un periodo così, penso ed avverto che lo sguardo con cui Jiejie Francesca c’introduce ad un argomento, per me interessantissimo, quale il Nushu – “la scrittura delle donne” sia davvero coinvolgente, affascinante, e che dalle righe davvero ben scritte di questa introduzione efficace si presenti un argomento sicuramente da approfondire, così come si mostrino tematiche che suscitano idee e sentimenti da ascoltare in pirimis, rielaborare ed esprimere in parole che possano accendere un dibattito costruttivo, ricco, interdisciplinare, multicolore, pointilliste, al quale mi sento chiamato a partecipare con passione.

Grazie Jiejie Francesca, di tutto.

Tuo Didi!

***

Yang Huanyi (Lisa See)…vicino al villaggio cinese di Shanjianxu, nella regione meridionale dell’Hunan, il tempio della Montagna Fiorita è dedicato a due sorelle morte più di mille anni fa. Da secoli le contadine venerano i loro spiriti portando al tempio rotoli di carta di riso in cui confidano i loro segreti e formulano dei desideri; non di rado quello di suicidarsi. In questo tempio tra gli odori dell’incenso che brucia, il canto che una contadina ha lasciato su un rotolo di carta di riso si traduce così:

 

Sorelle defunte, ascoltate questa mia preghiera.
Questa povera ragazza vi scrive nella lingua delle donne anime sorelle
Abbiate pietà di me
Vorrei seguirvi dove siete
Se solo mi accettate
Voglio seguirvi fino alle sorgenti dell’aldilà
Di questo mondo non mi attira più niente
Vi scongiuro trasformatemi in uomo
Non voglio più avere il nome di donna
”.

 

 

Scrivevano il nu shu anche sui ventagli oltre che sulla carta o lo ricamavano sui fazzoletti. A volte ne facevano dei motivi decorativi per le coperte

 

 

 

Il sistema pittografico della tradizione manoscritta Dongba, una scrittura ipoarticolata

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Dongba - Kamegyu Miky

La Fonetica, parola che deriva dal Greco φωνή phōnēsuono, voce, è quella parte della linguistica e della glottologia che studia la produzione dei FONI, ossia i suoni linguistici, la loro percezione, e le loro caratteristiche.

In particolare la fonetica analizza il funzionamento e la struttura dell’apparato fonatorio – gli organi che realizzano la fonazione – la produzione dei suoni linguistici, studiando inoltre le caratteristiche di questiultimi linguistici ed i contesti in cui vengono articolati, i contesti della comunicazione audio-verbale.

All’interno di questo immenso insieme di argomenti di studio si sono distinti due estremi opposti di modalità di articolazione dei foni, detti ipoarticolato ed ipoarticolato: nella comunicazione audio-verbale, ad esempio, un professionista della voce (attore, annunciatore) viene registrato mentre pronuncia, isolato in una cabina di registrazione suoni, sillabe, parole e frasi che egli legge o che gli viene chiesto di pronunciare, una condizione artificiale che consiste nella riproduzione dell’atto comunicativo, operazione in cui il destinatario non è un interlocutore bensì un fonetista, una modalità dell’atto del parlare che viene chiama parlato iperarticolato di laboratorio.

Il suo opposto è detto il parlato ipoarticolato informale spontaneo, come nel caso in cui un soggetto si rivolge ad un amico in modo concitato e gli parla in fretta, mangiandosi parole o accennandole appena, un caso in cui la conversazione avviene in ambiente naturale, eventualmente disturbato da altre voci o rumori, una condizione nella quale si svolge la maggioranza degli atti comunicativi.

Durante lo studio dell’atto dello scrivere, all’interno della tradizione manoscritta pittografica Dongba, ho avvertito alcune somiglianze interessanti con il concetto di parlato ipoarticolato, e dunque ho scritto alcuni appunti…

Digital Journal 2.0

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ScreenshotHo impostato una nuova versione del giornale digitale, che da tempo aveva davvero bisogno di una ristrutturazione per poter (lentamente) accogliere il materiale che ho da parte, specialmente le foto di Barcellona e di Parigi.

La struttura è sempre in WordPress, basata su un tema interessante ed intuitivo da usare sia dalla parte utente sia dalla parte amministratore.

Malgrado xiulong.it sia davvero cambiato dalla sua prima uscita in internet, il nucleo da cui partì e su cui ancora ruota è costituito da un giornale di immagini in costante aggiornamento (lavoro e studio permettendo) la cui realizzazione mi venne in mente dopo aver visitato per caso il sito di TOW.COM, un praticante di Wushu degli U.S.A. professionista fotografo ed amministratore del portale.

Gli anni sono passati per tutti, anche per TOW e per Xiulong…

武术术语 wǔ shù shù yǔ – la terminologia del Wǔshù

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Mi auguro con tutto il cuore di assistere ad un ampio utilizzo del termine Wǔshù,

e che la tecnica e la teoria del Wǔshù servano profondamente ed ampiamente

a migliorare la salute fisica ed il carattere morale di tutti i popoli.

Xu Cai, “Wǔshù Mingci de shiyong – La funzione del termine Wǔshù”

Tian Tan Gongyuan, Liu Jinping Laoshi. Per me Jiejie Liu...
Tian Tan Gongyuan, Liu Jinping Laoshi. Per me Jiejie Liu...

Il termine 武术Wǔshù

Al momento della fondazione del Comitato di Preparazione della Federazione Internazionale di Arti Marziali cinesi nel 1985 a Xi’an, il nome utilizzato nell’atto costitutivo fu 武术Wǔshù (da qui Wushu), e venne stabilito che in futuro si sarebbe usata direttamente la traslitterazione cinese e non altri nomi tradotti.

Tuttavia l’uso del termine “Wushu” non è ancora oggi unitariamente diffuso, ciò è dovuto in parte alla breve storia mondiale di questo sport, in parte ad altre ragioni a causa delle quali esso è stato rappresentato da altri nomi, come Gongfu, Kungfu, Guoshu ed Arti Marziali.

Un rapido sguardo alla storia della cultura cinese mostra che le svariate forme di Wushu, in alcune migliaia di anni, sono state chiamate in moltissimi modi: tra il XX ed il VII secolo a. C. si trovano i termini quanyong – pugni e coraggio, shoubo – combattimento con le mani, jueli – provare la forza, xianggao – sopraffarsi l’un l’altro.

Tra il 770 ed il 221 a. C. compaiono nomi come jiji – attaccare abilmente, xiangbo – combattersi, shouzhan – battagliare con le mani, wuji – arte marziale, juedi – lottare; in seguito si ebbero molti altri nomi, e fra questi emerse il termine Wu Yi – arte della guerra, o arte marziale risultando il più frequentemente utilizzato.

La parola Wushu, invece, compare per la prima volta nel testo “Zhaoming taizi wenxuan – raccolta di scritti dell’illustre erede legittimo”, compilato da Xiao Tong (501 – 531), letterato, figlio primogenito dell’imperatore Wudi della dinastia Liang Meridionale, ma anche in seguito il termine più popolare continuò ad essere Wu Yi.

Nel 1926 la Repubblica Cinese proclamò ufficialmente il nome in 中国武术 Zhong Guo Wu Shu – arti marziali cinesi, abbreviato in 国术 Guoshu – arte nazionale, ed ancora oggi a Taiwan ed in alcuni altri paesi si continua ad utilizzare questo nome.

Nei paesi stranieri si usano spesso diverse traslitterazioni dei vari nomi del Wushu, come: gongfu, kungfu, guoshu, quantou, ecc…: la parola kungfu o gongfu si è diffusa nel mondo negli ultimi decenni al posto di Wushu. In origine la parola gongfu giunse per la prima volta in Europa circa 200 anni fa, per opera dei missionari francesi che si erano recati in Cina, ed indicava gli esercizi di conduzione del Qi ( xingqi zhi gong) dei Taoisti cinesi. Tuttavia esso non ebbe diffusione in Europa fino agli anni ’60 e ’70 di questo secolo, quando entrò profondamente nel cuore delle persone a seguito dei “film di gongfu” del noto artista marziale Li Xiaolong alias Bruce Lee.

Gongfu è il nome popolare dato al Wushu nelle province di Guangdong e Gunagxi della Cina Meridionale, ma nella storia cinese non è mai stato un termine ufficiale di uso comune.

Gongfu significa originariamente abilità, realizzazione. In cinese vi è un proverbio che dice: “ Zhiyou gongfu shen, tiechu mocheng zhen”, ossia “ solo con un profondo lavoro minuzioso si può macinare una sbarra di ferro fino a farla diventare un ago.”

Secondo la tradizione cinese chi studia il Wushu deve quindi imparare a lavorare duramente e meticolosamente (gongfu), cioè deve allenare duramente gli esercizi fondamentali (jibengdong), incarnare bene l’essenza dell’abilità (gongdi), allenare bene la virtù dell’abilità (gongde) e la forza dell’abilità (gongli), ma la parola Gongfu non è mai stata un termine usato ampiamente.

La diffusione del Wushu in occidente

I film d’azione girati ad Hong Kong, che iniziarono a circolare in occidente all’inizio degli anni ’70, attirarono un vasto pubblico verso le arti marziali, ma a quei tempi la Cina versava in una situazione politica ed economica che le impediva contatti diretti e proficui con l’occidente, anche in campo sportivo, e probabilmente anche per questa ragione si diffusero prima le arti marziali proprie di altri paesi asiatici, come il Giappone e la Corea.

Nonostante ciò un gran numero di persone perseverò nella ricerca del Kungfu, reperendo alcuni insegnanti cinesi, veri ed improvvisati, provenienti soprattutto da Hong Kong e Taiwan ed approdati in Occidente.

Essendo molto problematico il confronto diretto con la Cina, non esistevano validi criteri di paragone per stabilire la veridicità o meno delle affermazioni e delle modalità di pratica dei singoli individui, e l’unica documentazione disponibile erano i film provenienti da Hong Kong, ma anche questi, a posteriori, evidenziarono bagagli tecnici dedicati al mondo del cinema e dello spettacolo.

Nonostante questi aspetti le voci che ammantavano il Kungfu crebbero di continuo fino a quando, a partire dalla fine degli anni ’70, la Repubblica Popolare Cinese inviò una delegazione di atleti di massimo livello di Wushu in un tour mondiale di esibizioni, allo scopo di dar esempio e far conoscere all’Occidente la pratica del Wushu moderno sportivo.

Le esibizioni toccarono anche l’Italia nel 1980 e nel 1982.

Con l’apertura della Cina all’occidente negli anni ’80, molti praticanti di kung fu, impressionati dalle dimostrazioni viste direttamente o indirettamente, si recarono personalmente nella Repubblica Popolare Cinese ad apprendere il Wushu attingendo dalla fonte originale, e dunque trasmisero a loro volta agli appassionati del proprio paese, contribuendo così alla prima divulgazione su scala mondiale del Wushu moderno sportivo.

Dalla metà degli anni ’80 le autorità cinesi, constatato l’enorme interesse che il Wushu andava suscitando in tutto il mondo, organizzarono corsi speciali per stranieri, e diedero l’opportunità ad atleti ed insegnanti cinesi di recarsi all’estero per insegnare questo sport; a questa iniziativa seguirono anche una serie di pubblicazioni e filmati divulgativi e didattici redatti nelle principali lingue occidentali, dedicati sia alla facilitazione dell’apprendimento ed alla diffusione del Wushu nel resto del mondo, sia alla standardizzazione dei fondamentali e delle forme da competizione in un contesto internazionale.

La diffusione del Wushu moderno sportivo, sia come disciplina, sia come elemento culturale, è inseribile da allora nell’insieme di collaborazioni ed interscambi culturali, economici e tecnologici che ha intrapreso la Repubblica popolare Cinese in epoca contemporanea, dunque l’ampia diffusione che il Wushu moderno sportivo ha avuto, raggiungendo sempre più stati e regioni, può essere raggruppato nell’insieme del patrimonio culturale cinese che ha contribuito e costituisce parte del patrimonio culturale comune mondiale.

Come già affermato precedentemente, il Wushu, date le sue peculiarità e le sue millenarie radici, è considerabile infatti non solo come un’attività sportiva complessa e benefica, ma una risorsa storica e culturale, una parte di storia dell’arte della Cina, eredità del popolo cinese, che come l’arte della calligrafia o la medicina tradizionale è attualmente diffuso e fruibile a livello mondiale.

La diffusione internazionale del Wushu, così come di ogni altro patrimonio culturale, richiede però un processo di acculturazione ed adattamento di quanti vogliano avvicinarsi alla pratica ed allo studio, ed in questo doveroso processo di apertura verso la materia in studio è necessaria l’adozione di un linguaggio settoriale ufficiale, accurato, standardizzato, omogeneo e disambiguo.

La necessità di adozione della terminologia ufficiale standardizzata per il Wushu, ossia la nomenclatura cinese ufficiale, potrebbe essere motivata con svariate ragioni, tra cui:

  • consentire e facilitare la conservazione del patrimonio storico e culturale originario del Wushu
  • permettere la corretta comprensione a livello internazionale tramite nomi e nomenclature precise e standardizzate
  • facilitare la diffusione a livello internazionale del Wushu

L’adozione della terminologia ufficiale cinese del Wushu non si presenta dunque come una finezza superflua, di cui dotare o meno la pratica e l’insegnamento, ma una caratteristica necessaria in un contesto di diffusione nazionale ed internazionale, che porterebbe benefici sia ai singoli centri di pratica e d’insegnamento, sia agli insiemi nazionali ed internazionali di pratica.

L’utilizzo di una terminologia standard ed ufficiale faciliterebbe la comunicazione fra i praticanti, siano essi allievi e/o insegnanti, incentivando la collaborazione e l’interscambio positivo tra i membri dei vari centri di pratica.

Al tempo stesso, l’utilizzo della terminologia cinese ufficiale incrementerebbe l’importanza e l’identità di una eventuale terminologia locale, che per avere un valore oggettivo ed una significanza deve però presentare le proprie equivalenze con la nomenclatura standard ed internazionale. In altre parole, la nomenclatura standard del Wushu potrebbe essere paragonata ad un linguaggio nazionale – ad esempio l’Italiano – patrimonio culturale e mezzo primo di comunicazione di un popolo – il popolo italiano = tutti i praticanti di wushu del mondo; stabilita questa equivalenza allora si potrebbero paragonare le città d’Italia alle nazioni ed ai centri di pratica del mondo, e le terminologie locali adottate una varietà dialettale locale (ad es.: il dialetto Veneziano, Romagnolo, Toscano, Pugliese, Siciliano, ecc…).

E’ dunque evidente che, per la comprensione ed il dialogo fra i vari centri di pratica (sia le città, sia gli abitanti delle singole città – alias i praticanti di Wushu delle diverse nazioni e dei diversi centri di studio), sia necessaria l’adozione della lingua nazionale ufficiale (l’Italiano del nostro esempio) che deve essere appreso laddove esista conoscenza della sola varietà dialettale locale.

Shicha Hai Sport School, Beijing. Estate del 2005. Una ragazzina allena la forma libera da competizione di sciabola – foto personale

Giovanissima atleta in allenamento alla scuola sportiva di Shi Cha Hai, Beijing -estate del 2005
Giovanissima atleta in allenamento alla scuola sportiva di Shi Cha Hai, Beijing -estate del 2005

Come accennato precedentemente, queste varietà dialettali locali non verranno sminuite dall’acculturazione verso la lingua ufficiale e standard del Wushu, ma ne saranno ancor più valorizzate poiché si arricchiranno di fondatezza oggettiva, ed allo stesso tempo i centri di pratica avranno iniziato un processo di adeguamento verso i requisiti necessari alla diffusione mondiale del Wushu, che impone obbiettivi comuni da perseguire, oltre che l’interesse delle singole sedi di pratica.

La standardizzazione dei termini del Wushu e delle espressioni è dunque parte essenziale del processo di diffusione del Wushu stesso, un passo fondamentale e necessario nello sviluppo delle arti marziali cinesi, in particolar modo in un contesto di collaborazione, interazione e scambio internazionale, così come nei lavori di traduzione dalle fonti originali cinesi alle varie lingue del mondo.

L’utilizzo di una terminologia standard e delle espressioni ufficiali cinesi del Wushu appaiono dunque come la base della comunicazione, in un dialogo richiesto dalla inoppugnabile realtà della diffusione mondiale del Wushu moderno sportivo e dalla sempre crescente domanda di pratica, sia a livello nazionale che internazionale.

武术术语 wǔ shù shù yǔ – la terminologia del wǔ shù

I movimenti del wǔ shù sono molti, e malgrado il wǔ shù moderno in Cina sia stato sottoposto a processi di semplificazione e standardizzazione per la massificazione e diffusione verso un vasto pubblico, la terminologia rimane un linguaggio abbastanza settoriale, che non è comune incontrare nella lingua parlata di tutti i giorni.

Nel corso della storia millenaria è stato quindi sviluppato un linguaggio specifico al Wushu, settoriale, dedicato all’indicazione puntuale dei movimenti, all’espressione delle forze, alla descrizione dei metodi e delle tecniche. Il linguaggio costituitosi nell’ambito del Wushu presenta la particolare caratteristica e capacità di riassumere in modo succinto con termini appropriati una serie di movimenti, di metodi e di forme complesse ed articolate, oltre ad una certa tendenza alla descrizione simbolico/iconografica e poetica che colma di richiami e rimandi immaginari, visivi e culturali.

I movimenti del wǔ shù, essendo nella maggioranza dei casi molto difficili, richiedono dunque una precisa nomenclatura ed una altrettanto precisa struttura della nomenclatura stessa, per così illustrare e spiegare adeguatamente i metodi nominati. Ad esempio, con il nome Xie Bu – passo di riposo, si intende un metodo del passo fondamentale che se dovesse essere spiegato per esteso richiederebbe molte parole, tipo “forma del passo accavallata, ginocchia piegate, gamba sottoposta con il tallone alzato, gamba sovrapposta con il tallone a terra, busto in avanti spinge in direzione dei ginocchio sovrapposto” .

Per la spiegazione precisa dei movimenti del wǔ shù, per il dialogo tra studenti ed insegnanti, così come nel dialogo e nelle discussioni tra praticanti l’uso e la conoscenza della corretta terminologia del wǔ shù abilita, facilita, concretizza lo scambio e l’espressione orale e scritta del patrimonio del wǔ shù stesso.

La terminologia del wǔ shù, laddove conosciuta ed usata correttamente, costituisce una sorta d’interlingua attraverso la quale è possibile la precisa e disambiguata comunicazione fra tutti i praticanti e gli studiosi delle arti marziali cinesi.

L’esperienza personale di allenamento e di pratica con insegnanti e compagni cinesi e di altre nazionalità, ha reso evidente che l’uso corretto della terminologia nell’insegnamento e nell’allenamento del wǔ shù non solo aiuta ad un apprendimento più rapido dei movimenti e delle sequenze di movimenti, ma contiene e performa una grande significazione per lo sviluppo della teoria e dell’esperienza stessa, nello studio del patrimonio marziale, artistico e culturale del wǔ shù.

La terminologia del wǔ shù è da considerarsi dunque uno strumento per lo scambio dell’esperienza e della ricerca scientifica nel campo dell’educazione fisica e della pratica delle arti marziali cinesi, è un vero e proprio metodo fondamentale, il cui utilizzo permette di innalzare la qualità dell’insegnamento e dell’allenamento, così come la qualità dell’insegnante e la qualità dell’allievo.

La terminologia del wǔ shù, grazie ai continui riferimenti culturali, iconici ed artistici non è solamente per una oggettiva descrizione del movimento e delle tecniche, cioè non è una sorta di “formula chimica” che esprime le parti di una reazione, ma sviluppa e descrive alcune precise caratteristiche performative ed espressive che sussumono ogni movimento, ogni tecnica, ogni metodo.

Dall’analisi della terminologia del wǔ shù si possono identificare tre caratteristiche principali:

1. precisione o puntualità: descrizione precisa della struttura del movimento, per il quale solitamente non vi è nomenclatura alternativa, se non in un contesto di terminologia locale, regionale o specifica dei singoli centri di pratica

2. essenzialità o riassuntività: si usano parole e termini essenziali per spiegare bene e con precisione ogni caratteristica principale del movimento. Questo aspetto deriva dalle caratteristiche della lingua cinese, di cui la terminologia del wǔ shù è ovviamente sottoinsieme, un linguaggio settoriale, così come il wǔ shù stesso è parte del patrimonio del popolo e della cultura cinese

3. facilità o semplicità: la terminologia del wǔ shù moderno sportivo si è formata ed è stata scelta in modo efficiente, per risultare facilmente comprensibile e ricordabile, così da aiutare il processo di assimilazione delle forme e delle sequenze di movimenti dei vari e numerosissimi metodi delle arti marziali cinesi

Un esempio: 武术基本功 , 武术基本动作

Wǔshù jī běn gōng, Wushu jī běn dòng zuò

Il termine基本功 jī běn gōng indica il lavoro sui fondamentali basilari del wǔ shù, ed è composto dai caratteri 基 jī – base, radice, fondamenta, dal carattere 本běn che indica nuovamente il concetto di radice e di base, inteso anche come sorgente da cui scaturisce un qualcosa, come le radici di una pianta o le fondamenta di un edificio, ed il termine 功gōng merito, conquista, risultato, ottenimento, conseguimento.

Il termine jī běn dòng zuò è costituito dai primi due medesimi caratteri, 基本 jī běn, dunque da 动dòng – agire, muovere, e dal carattere 作 zuò – praticare, performare, ma i due caratteri apposti 动作 dòng zuò devono essere considerati assieme, ed indicano il concetto di movimento, moto azione.

Quindi mentre 基本功 jī běn gōng appare come l’espressione di un concetto legato all’ottenimento del 基本 jī běn – i fondamentali del 武术wǔ shù – 基本动作 jī běn dòng zuò descrive ed esprimere la performance, l’azione, la fase pratica dell’esecuzione o dell’apprendimento dei 基本 jī běn del 武术wǔ shù.

Dagli appunti manoscritti di Liu Xue Qian leggiamo:

I fondamentali del wǔ shù sono jī běn gōng e jī běn dòng zuò.

  1. jī běn gōng è l’allenamento indirizzato allo sviluppo delle qualità fisiche e psico/fisiche ottimali e necessarie alla comprensione, all’assimilazione, all’esecuzione ed all’interpretazione delle abilità delle tecniche del wǔ shù
  2. jī běn dòng zuò, è la pratica delle tecniche e delle abilità del wǔ shù, i cui movimenti ed i cui metodi sono raccolti nell’insieme del jī běn dòng zuò. Jī běn dòng zuò allora
  • è un nome per ogni movimento, un gruppo di movimenti uniti
  • è anche il nome di ogni singola parte del movimento del wǔ shù

ad esempio il gruppo di movimenti (Zu He Dong Zuo) di jī běn dòng zuò detto Ma Bu Jia Da è un fondamentale del Quan Shu – l’arte del pugno del wǔ shù composto da tecniche fondamentali a loro volta di jī běn dòng zuò, ossia il metodo e la forma del passo Ma Bu, ed i jī běn dòng zuò della forma e del metodo del pugno Jia Quan, Da Quan e Ce Chong Quan

Già dallo studio della morfologia del termine jī běn gōng, appare evidente che siano state distinte 2 fasi inerenti all’allenamento dei fondamentali del wǔ shù, e dunque con jī běn gōng si indichi il lavoro e le pratiche fisiche di addestramento e di condizionamento fisico e psico-fisico finalizzato non al mero allenamento atletico, ma alla costruzione, allo sviluppo ed al miglioramento dei presupposti necessari all’esecuzione ed all’apprendimento dei 基本 jī běn – fondamentali.

Attraverso l’allenamento del jī běn gōng, e dunque possibile praticare ed allenare correttamente le tecniche ed i metodi del wǔ shù, indicati dal concetto di 武术基本动作 wǔ shù jī běn dòng zuò.

L’allenamento del jī běn gōng dunque potrebbe essere considerato sia una fase propedeutica, necessaria ed ottimizzante l’esecuzione ed il miglioramento del bagaglio di wǔ shù jī běn dòng zuò già appresi, sia una necessaria preparazione finalizzata all’apprendimento di jī běn dòng zuò più articolati, tecnicamente ed atleticamente più complessi; lo scopo degli esercizi propri del jī běn gōng, consiste nella creazione, nel mantenimento e nel miglioramento delle qualità fisiche e psico/fisiche necessarie alla capacità di afferrare le tecniche ed i metodi del wǔ shù.

L’allenamento del jī běn gōng crea dunque i presupposti e migliora la capacità di comprendere ed afferrare la tecnica del wǔ shù, delle forme Taolu e del combattimento Sanshou/Sanda: è nell’allenamento del jī běn gōng che si sviluppano quei presupposti fisici di atleticità, agilità, flessibilità, forza, e coordinazione necessarie all’esecuzione delle tecniche di wǔ shù.

Attraverso l’allenamento del jī běn gōng si sviluppano velocemente le qualità fisiche, ed intensificando e rafforzando il jī běn gōng si aumenta e si facilitano le capacità di afferrare le abilità delle tecniche di wǔ shù. Lavorando il jī běn gōng si aumenta la qualità della tecnica e si preparano quei presupposti e quelle capacità necessarie all’apprendimento di tecniche più complesse.

Allenarsi al jī běn gōng significa inoltre sviluppare una buona qualità nell’attitudine al superamento delle difficoltà, si aumenta la possibilità e la condizione di prevenzione e diminuzione degli infortuni e dei danni fisici, dunque si allunga la vita d pratica del wǔ shù e dello sport.

L’allenamento del jī běn gōng richiede severità.

Per allenare il jī běn gōng bisogna avere una richiesta severa, e questa richiesta severa viene tanto dall’allenatore quanto dagli allievi, e si concretizza nella “capacità di sopportazione”, così come si comprende dallo studio dagli appunti manoscritti di Liu Xue Qian “ […] per allenare il jī běn gōng bisogna avere uno spirito di sopportazione, sopportare la fatica. C’è un detto in Cina: quando si allena il jī běn gōng bisogna sudare 6 volte: sudare dalla pelle, dal muscolo, dal tendine, dall’osso, dal midollo e dal sangue.”

L’addestramento del jī běn gōng sviluppa l’ingegnosità, ossia la capacità di usare la forza in modo ingegnoso, che deriva da un’attitudine di attenzione e concentrazione alla pratica, che si concretizza nella necessità di interrogarsi ed auto-valutarsi ogni esercizio, ed all’interno di ogni esercizio in ogni ripetizione, ed all’interno di ciascuna ripetizione in ogni movimento: nella pratica del jī běn gōng e del jī běn dòng zuò, così come nella pratica tutta del wǔ shù, è la persona che domina l’allenamento, non è l’allenamento che domina la persona.

La pratica del jī běn gōng richiede e sviluppa perseveranza. Allenarsi con perseveranza; sempre dagli appunti di Liu Xue Qian leggiamo: “c’è un detto in Cina: per allenare il jī běn gōng bisogna allenarsi ogni giorno, ed in un giorno 3 volte. Se è lasciato un solo giorno è lasciata tutta la capacità”

Lo scopo del Ji Ben Dong Zho è quello di migliorare la capacità di percepire, afferrare, metabolizzare e sviluppare i movimenti fondamentali del wǔ shù e le sue tecniche nelle forme e nei metodi del pugno e del palmo, nelle forme e nei metodi del passo, nel metodo del corpo, nel metodo dell’equilibrio, nel metodo del salto, della caduta, nei metodi propri di ogni varietà di arma del wǔ shù.

Jī běn gōng e jī běn dòng zuò dunque sono entrambe parte della pratica completa del wǔ shù, così come lo ying e lo yang possono essere considerati principi compartecipi e contenuti l’uno nell’altro, manifestazioni simbiotiche della realtà.

Terminologia ufficiale e terminologie locali: la situazione a Firenze

La personale esperienza di praticante di Wushu è principalmente avvenuta ed attualmente è in Firenze. Essa può essere riassunta in pochissime righe, dato che per quanto sia stata ed attualmente sia intensa ed importante, inizia solamente nel 2002, quando cominciai lo studio del Taiji Quan stile Yang sotto la guida di Rosaria Lenti, con i compagni Simone Pacini e Lucia Bernardi del centro olistico Aditi di Livorno (attualmente Centro Acqua Viva, sempre in Livorno).

Introdotto poi in modo più completo allo studio del Wushu dall’eclettico maestro Gualdani dell’Istituto di Wushu della Città di Firenze A.S.D., mi sono dedicato principalmente allo studio ed alla pratica del Taiji Quan, con ampi sconfinamenti nel mondo del Chang Quan, del Nan Quan e delle armi da gara, rimanendo stregato ed insaziabile di apprendere qualsiasi cosa inerente al Wushu che venisse proposta nella nostra sede sociale.

Ho poi frequentato, saltuariamente per alcuni progetti e lezioni comuni, anche la Scuola del Fiume A.S.D. sempre in Firenze, allenandomi con i maestri Peis e Bernacchioni, e sempre a Firenze ho avuto la fortuna di frequentare le lezioni delle maestre Yang Hui, Li Yan Jun e Yang Li, brevissima ma per me affascinante conoscenza del maestro Lucas Christopoulos, lo studio di pochi mesi dello stile Chen prima con Alessio Frosali e poi con il Maestro Fabio Smolari. Ineguagliabile lo stage con il maestro Zhu Tiancai a Firenze per lo stile Chen, così come i dialoghi con il maestro Riccardo Pattarino, fonte inesauribile di sapienza ed esperienza sul Wushu, pioniere dello studio delle arti marziali cinesi al quale, a Firenze, tutti debbono qualcosa.

A Beijing, estate del 2005. Fu Yang ed io scherziamo
A Beijing, estate del 2005. Fu Yang ed io scherziamo

Pechino, nell’estate del 2005, ho potuto allenarmi con i maestri Shi e Liu (mai saputo il loro nome per esteso…) presso il parco di Tian Tan Gongyuan, e sempre a Tian Tan l’esperienza per me insostituibile ed ineguagliabile, non accademica, di allenamento e pratica con la maestra Liu Jin Ping ed il gruppo che a lei fa capo.

Questa mia piccola esperienza è niente in confronto ai vissuti pluridecennali di insegnanti e praticanti che ho avuto la fortuna d’incontrare a Firenze in Italia ed in Cina, ed in questa mia breve vita di praticante di Wushu ho potuto provare sulla mia pelle l’importanza e la verità di quanto precedentemente affermato: l’adozione e l’utilizzo della terminologia standard ufficiale nella pratica e nell’insegnamento del Wushu è fondamentale.

Davanti ad un caffè con il fraterno amico e compagno di pratica Alessandro – Tie Baozi, riconoscevamo infatti la nostra fortuna, nell’aver ricevuto una formazione nel Wushu impostata con i nomi cinesi ufficiali, allo stesso tempo avvertivamo la necessità di veder adeguata la terminologia locale di tutte le sedi di pratica in Firenze ed in Italia allo stesso standard internazionale ed ufficiale richiesto dalla Federazione Internazionale di Wushu, o per lo meno di quei centri di pratica iscritti sotto la F.I.Wu.K., a sua volta membro della International Wushu Federation.

Ricordavamo, infatti quei casi in cui, nelle sedute di allenamento e di pratica, continua ad essere diffusa tra allievi ed insegnanti solamente una terminologia locale, non riferibile alla nomenclatura ufficiale cinese stabilita; in questi contesti allora avvertiamo la mancanza di acculturazione verso la nomenclatura ufficiale del Wushu, con il risultato di una seria difficoltà nel dialogo, nella collaborazione e nell’interazione tra i centri di pratica sia tra allievi sia tra insegnanti – in entrambi i casi praticanti – della medesima famiglia di discipline, fenomeno che si è evidenziato con:

  • il fraintendimento ed incapacità nella comunicazione nei termini tecnici durante le sedute di allenamento guidate da insegnanti esterni, in particolar modo stranieri
  • difficoltà nel riconoscimento delle tecniche, delle forze e delle gestualità del Wushu
  • impoverimento della terminologia locale
  • limitazione nel numero e nella qualità degli strumenti didattici che i centri di pratica forniscono ai propri praticanti
  • incongruenza con gli obiettivi preposti di collaborazione con strutture nazionali ed internazionali
  • incongruenza con l’obiettivo sociale e culturale di lavoro comune per la diffusione e lo sviluppo del Wushu sul territorio

Questa situazione è poi in evidente contrasto con la politica delle associazioni di pratica del Wushu – intrapresa ormai da anni sul territorio fiorentino e regionale toscano – di collaborazione con le strutture ufficiali cinesi di pratica del Wushu sportivo – nel nostro caso le insegnanti dell’Università di Educazione Fisica di Pechino Li Yan Jun e Yang Li – autorità internazionali che, ovviamente, utilizzano solamente le terminologia cinese ufficiale standardizzata.

Giovanissimi praticanti di Wushu
Giovanissimi praticanti di Wushu

Sarebbe dunque auspicabile, sia nell’ottica di coerenza verso l’impegno preposto allo studio ed alla diffusione del Wushu – sia nell’ovvio obiettivo dei centri di pratica di voler e dover fornire a TUTTI i praticanti (non solo insegnanti ed istruttori) gli strumenti possibili e necessari allo studio ed all’approfondimento del Wushu – che si passi ad un periodo di riforma che preveda un percorso di acculturazione in questo senso.

Questo cammino dovrebbe basarsi sul dialogo con le istituzioni di riferimento ufficiali per la comprensione di quali siano gli standard richiesti e per l’identificazione delle carenze e delle lacune tecniche, atletiche e, per il Wushu moderno sportivo, acrobatiche: l’adozione e l’utilizzo della terminologia standard ufficiale cinese sembra essere un fondamentale tecnico necessario, se vi è il desiderio di appartenenza al mondo dei fruitori e praticanti del Wushu moderno sportivo.

L’adozione della nomenclatura ufficiale e la sincronizzazione con eventuali terminologie locali, valorizzerà i patrimoni culturali dei singoli centri di pratica e fornirà ai praticanti uno strumento di apprendimento e di espressione fondamentale, contribuendo veramente alla costruzione di individui e strutture non più isolate, ma capaci di permeabilità e di interazione.

羞龙 Xiulong – Stefano Zamblera

Bibliografia

Shaolin Wushu Anno I, numero 1 – Gennaio 1992, A cura della Società Sportiva Quanshu di Ferrara

Prefazione a Dizionario pratico delle arti marziali cinesi (Zhongguo Wǔshù shiyong daquan) Traduzione di Fabio Smolari

Duan Ping, Zheng Shouzhi, 2008 “Chinese – English and English Chinese Wushu” Dictionary; People’s Sports Publishing House

Gatti Franco, Zhao Xiuying, 1996 “Dizionario compatto cinese-italiano, italiano-cinese e conversazioni”, Zanichelli Editore

Qian Liu Xue, 1999 “appunti sulla terminologia fondamentale del Wushu”, manoscritto non pubblicato

Xu Cai, “Wǔshù Mingci de shiyong – La funzione del termine Wǔshù” (Wǔshù Mingci de shiyong)

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