Trascrivo in questa pagina introduttiva al Wushu il testo alla voce "Wushu" di Wikipedia [--> 23/09/2010] che ho curato personalmente nel Febbraio del 2009.

Il termine 武术Wushu

Al momento della fondazione del Comitato di Preparazione della Federazione Internazionale di Arti Marziali cinesi nel 1985 a Xi'an, il nome utilizzato nell'atto costitutivo fù 武术 Wushù (da qui Wushu), e venne stabilito che in futuro si sarebbe usata direttamente la traslitterazione cinese e non altri nomi tradotti.

Tuttavia l'uso del termine “Wushu” non è ancora oggi unitariamente diffuso; ciò è dovuto in parte alla breve storia mondiale di questo sport, in parte ad altre ragioni a causa delle quali esso è stato rappresentato da altri nomi, come Gongfu, Kungfu, Guoshu ed Arti Marziali.

Un rapido sguardo alla storia della cultura cinese mostra che le svariate forme di Wushu, in alcune migliaia di anni, sono state chiamate in moltissimi modi: tra il XX ed il VII secolo a.C. si trovano i termini quanyong - pugni e coraggio, shoubo - combattimento con le mani, jueli - provare la forza, xianggao - sopraffarsi l'un l'altro.

Tra il 770 ed il 221 a.C. compaiono nomi come jiji - attaccare abilmente, xiangbo - combattersi, shouzhan - battagliare con le mani, wuji - arte marziale, juedi - lottare.

In seguito si ebbero ancora altri nomi, e fra questi emerse il termine Wu Yi - arte della guerra, o arte marziale risultando il più frequentemente utilizzato.

La parola Wushu invece, compare per la prima volta nel testo “Zhaoming taizi wenxuan – raccolta di scritti dell’illustre erede legittimo”, compilato da Xiao Tong (501 – 531), letterato, figlio primogenito dell’imperatore Wudi della dinastia Liang Meridionale, ma anche in seguito il termine più popolare continuò ad essere Wu Yi.

Nel 1926 la Repubblica Cinese proclamò ufficialmente il nome in 中国武术 Zhongguó Wushù – arti marziali cinesi, abbreviato in 国术 Guóshù – arte nazionale, ed ancora oggi a Taiwan ed in alcuni altri paesi si continua ad utilizzare questa dizione.

Nei paesi stranieri si usano spesso diverse traslitterazioni dei vari nomi del Wushu, come: gongfu, kungfu, guoshu, quantou, ecc.: la parola kungfu o gongfu si è diffusa nel mondo negli ultimi decenni al posto di Wushu. In origine la parola gongfu giunse per la prima volta in Europa circa 200 anni fa (~1800), per opera dei missionari francesi che si erano recati in Cina, ed indicava gli esercizi di conduzione del Qi ( xingqi zhi gong) dei Taoisti cinesi.

Tuttavia esso non ebbe diffusione in Europa fino agli anni ’60 e ’70 di questo secolo (il XX secolo), quando entrò profondamente nel cuore delle persone a seguito dei “film di gongfu” del noto artista marziale Li Xiaolong alias Bruce Lee.

Gongfu è il nome popolare dato al Wushu nelle province di Guangdong e Guangxi della Cina Meridionale, ma nella storia cinese non è mai stato un termine ufficiale di uso comune.

Gongfu significa originariamente abilità, realizzazione, e tra i suoi significanti comunica ed esprime anche il concetto di duro lavoro, ossia di dedizione e pratica di una certa attività con il conseguimento di un'estrema destrezza ed abilità.

In cinese vi è un proverbio che dice: “ Zhiyou gongfu shen, tiechu mocheng zhen”, ossia “solo con un profondo lavoro minuzioso si può macinare una sbarra di ferro fino a farla diventare un ago.”

Secondo la tradizione cinese chi studia il Wushu deve quindi imparare a lavorare duramente e meticolosamente (gongfu), cioè deve allenare duramente gli esercizi fondamentali (Jibengong), incarnare bene l’essenza dell’abilità (gongdi), allenare bene la virtù dell’abilità (gongde, o Wude) e la forza dell’abilità (gongli), ma la parola Gongfu non è mai stata un termine usato ampiamente.

La diffusione del Wushu in Occidente

I film d’azione girati ad Hong Kong, che iniziarono a circolare in occidente all’inizio degli anni ’70, attirarono un vasto pubblico verso le arti marziali, ma a quei tempi la Cina versava in una situazione politica ed economica che le impediva contatti diretti e proficui con l’occidente, anche in campo sportivo, e probabilmente anche per questa ragione si diffusero prima le arti marziali proprie di altri paesi asiatici, come il Giappone e la Corea.

Nonostante ciò un gran numero di persone perseverò nella ricerca del Kung fu, reperendo alcuni insegnanti cinesi, veri ed improvvisati, provenienti soprattutto da Hong Kong e Taiwan ed approdati in occidente.

Essendo molto problematico il confronto diretto con la Cina, non esistevano validi criteri di paragone per stabilire la veridicità o meno delle affermazioni e delle modalità di pratica dei singoli individui, e l’unica documentazione disponibile erano i film provenienti da Hong Kong, ma anche questi, a posteriori, evidenziarono bagagli tecnici carenti, per quanto riguarda la filmografia essi erano poi dedicati al mondo del cinema e dello spettacolo.

Nonostante questi aspetti le voci che ammantavano il Kung fu crebbero di continuo fino a quando, a partire dalla fine degli anni ’70, la Repubblica Popolare Cinese inviò una delegazione di atleti di massimo livello di Wushu in un tour mondiale di esibizioni, allo scopo di dar esempio e far conoscere all’Occidente la pratica del Wushu moderno sportivo.

Le esibizioni toccarono anche l’Italia nel 1980 e nel 1982.

Con l’apertura della Cina all’occidente negli anni ’80, molti praticanti di kung fu, impressionati dalle dimostrazioni viste direttamente o indirettamente, si recarono personalmente nella Repubblica Popolare Cinese ad apprendere il Wushu attingendo dalla fonte originale, e dunque trasmisero a loro volta agli appassionati del proprio paese, contribuendo così alla prima divulgazione su scala mondiale del Wushu moderno sportivo: tra questi pionieri del Wushu, per quanto concerne la storia della sua diffusione e pratica in Italia, è doveroso ricordare i maestri Riccardo Pattarino e Mario Pasotti. Dalla metà degli anni ’80 le autorità cinesi, constatato l’enorme interesse che il Wushu andava suscitando in tutto il mondo, organizzarono corsi speciali per stranieri, e diedero l’opportunità ad atleti ed insegnanti cinesi di recarsi all’estero per insegnare questo sport; a questa iniziativa seguirono anche una serie di pubblicazioni e filmati ufficiali divulgativi e didattici redatti nelle principali lingue occidentali, dedicati sia alla facilitazione dell’apprendimento ed alla diffusione del Wushu nel resto del mondo, sia alla standardizzazione dei fondamentali e delle forme da competizione in un contesto internazionale.

La diffusione del Wushu moderno sportivo, sia come disciplina, sia come elemento culturale, è inseribile da allora nell'insieme di collaborazioni ed interscambi culturali, economici e tecnologici che ha intrapreso la Repubblica popolare Cinese in epoca contemporanea, dunque l'ampia diffusione che il Wushu moderno sportivo ha avuto, raggiungendo sempre più stati e regioni, può essere raggruppato nell'insieme del patrimonio culturale cinese che ha contribuito e costituisce parte del patrimonio culturale comune mondiale.

Come già affermato precedentemente, il Wushu, date le sue peculiarità e le sue millenarie radici, è considerabile infatti non solo come un'attività sportiva complessa e benefica, ma una risorsa storica e culturale, una parte di storia dell'arte della Cina, eredità del popolo cinese, che come l'arte della calligrafia o la medicina tradizionale è attualmente diffuso e fruibile a livello mondiale.

La diffusione internazionale del Wushu, così come di ogni altro patrimonio culturale, richiede però un processo di acculturazione ed adattamento di quanti vogliano avvicinarsi alla pratica ed allo studio, ed in questo doveroso processo di apertura verso la materia in studio è necessaria l'adozione di un linguaggio specifico, settoriale ufficiale, accurato, standardizzato, omogeneo e disambiguo.

La necessità di adozione della terminologia del wushu ufficiale standardizzata, ossia la nomenclatura cinese ufficiale, potrebbe essere motivata con svariate ragioni, tra cui:

  • consentire e facilitare la conservazione del patrimonio storico e culturale originario del Wushu
  • permettere la corretta comprensione a livello internazionale tramite nomi e nomenclature precise e standardizzate
  • facilitare la diffusione a livello internazionale del Wushu

L'adozione della Terminologia ufficiale cinese del Wushu non si presenta dunque come una finezza superflua, di cui dotare o meno la pratica e l'insegnamento, ma una caratteristica necessaria in un contesto di diffusione nazionale ed internazionale, che porterebbe benefici sia ai singoli centri di pratica e d'insegnamento, sia agli insiemi nazionali ed internazionali di pratica.

L'utilizzo di una terminologia standard ed ufficiale faciliterebbe la comunicazione fra i praticanti, siano essi allievi e/o insegnanti, incentivando la collaborazione e l'interscambio positivo tra i membri dei vari centri di pratica.

Al tempo stesso, l'utilizzo della terminologia cinese ufficiale incrementerebbe l'importanza e l'identità di una eventuale terminologia locale, che per avere un valore oggettivo ed una significanza deve però presentare le proprie equivalenze con la nomenclatura standard ed internazionale. In altre parole, la nomenclatura standard del Wushu potrebbe essere paragonata ad un linguaggio nazionale - ad esempio l'italiano – patrimonio culturale e mezzo primo di comunicazione di un popolo – il popolo italiano = tutti i praticanti di wushu del mondo; stabilita questa equivalenza allora si potrebbero paragonare le città d'Italia alle nazioni ed ai centri di pratica del mondo, e le terminologie locali adottate una varietà dialettale locale (ad es.: il dialetto Veneziano, Romagnolo, Toscano, Pugliese, Siciliano, ecc.). È dunque evidente che, per la comprensione ed il dialogo fra i vari centri di pratica (sia le città, sia gli abitanti delle singole città – alias i praticanti di Wushu delle diverse nazioni e dei diversi centri di studio), sia necessaria l'adozione della lingua nazionale ufficiale (l'Italiano del nostro esempio) che deve essere appreso laddove esista conoscenza della sola varietà dialettale locale.

Come accennato precedentemente, queste varietà dialettali locali non verranno sminuite dall'acculturazione verso la lingua ufficiale e standard del Wushu, ma ne saranno ancor più valorizzate poiché si arricchiranno di fondatezza oggettiva, ed allo stesso tempo i centri di pratica avranno iniziato un processo di adeguamento verso i requisiti necessari alla diffusione mondiale del Wushu, che impone obbiettivi comuni da perseguire, oltre che l'interesse delle singole sedi di pratica.

La standardizzazione dei termini del Wushu e delle espressioni è dunque parte essenziale del processo di diffusione del Wushu stesso, un passo fondamentale e necessario nello sviluppo delle arti marziali cinesi, in particolar modo in un contesto di collaborazione, interazione e scambio internazionale, così come nei lavori di traduzione dalle fonti originali cinesi alle varie lingue del mondo.

L'utilizzo di una terminologia standard e delle espressioni ufficiali cinesi del Wushu appaiono dunque come la base della comunicazione, in un dialogo richiesto dalla inoppugnabile realtà della diffusione mondiale del Wushu moderno sportivo e dalla sempre crescente domanda di pratica, sia a livello nazionale che internazionale.

Bibliografia

  • Qian Liu Xue, 1999 “appunti sulla terminologia fondamentale del Wushu”, manoscritto non pubblicato, conservato c/o l'Istituto di Wushu della Città di Firenze
  • Shaolin Wushu Anno I, numero 1 – Gennaio 1992, bollettino informativo della Società Sportiva Quanshu di Ferrara, traduzioni dal cinese mandarino a cura di Fabio Smolari
  • Xiao Tong, 501 – 531 “Zhaoming taizi wenxuan – raccolta di scritti dell’illustre erede legittimo”
  • Xu Cai, “Wushù Mingci de shiyong - La funzione del termine Wushù”. Traduzione in Italiano di Fabio Smolari, in Shaolin Wushu, 1992:1
  • Zamblera Stefano, 2009, “La terminologia del Wushu, I parte” ENERTAO XVII Numero 1 – Marzo 2009 https://www.xiulong.it/pubbl/Enertao-XVII-1.pdf
  • Zamblera Stefano, 2009, “La terminologia del Wushu, II parte” ENERTAO XVII Numero 2 – Luglio 2009 https://www.xiulong.it/pubbl/Enertao-XVII-2.pdf