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Written from scratch.
L'etnia Naxi ha sviluppato due sistemi di scrittura: il sistema pittografico Dongba ed il sistema sillabico Geba.
L'attenzione degli studiosi si è concentrata sull'analisi della tradizione manoscritta pittografica, sia per la sua estrema peculiarità come unico sistema di scrittura pittografico in vita ad oggi, sia per l'assoluta mancanza di dati storici per l'incomprensibilità dei documenti redatti in Geba, caratteristica che rende ogni teoria sulla loro origine ed il loro rapporto cronologico dubbiosa e sede di controversie tra gli studiosi: una parte di essi ipotizzò l'origine millenaria della scrittura pittografica ( J. Rock ed alcuni studiosi cinesi), ed un altro gruppo sostenne che invece il suo sviluppo risalga a pochi secoli, (Jackson) ed inoltre, mente gli studiosi cinesi ritengono con certezza che la scrittura pittografica debba essere necessariamente precedente alla scrittura sillabica, Backot, Rock e Jackson sono dell'ipotesi contraria ed interpretano i caratteri Geba come più antichi dei pittogrammi Dongba.
La tradizione storica Naxi attribuisce l'invenzione della scrittura sia all'antenato Mou Bao Ah Cong (secondo la prima cronologia Mu e Yuan Yi Tongzhi) sia al mitico Yeye (Registri della prefettura di Lijiang, 1700: math n1 p 143) ; le cronache tuttavia non specificano in nessuno dei casidi quale dei sistemi di scrittura si tratti, se il sistema pittografico Dongba o il sillabico Geba.
La tradizione Dongba ritiene che il sistema sillabico Geba, il cui nome nella lingua Naxi significa “discepolo”, sia stato insegnato da Dongba Shilo ai suoi discepoli, mentre il sistema pittografico, il cui nomeShijiu Liujiu significa letteralmente “memoria del legno memoria della pietra”, venne insegnato agli antichi antenati Naxi da uno sciamano, reincarnazione di Dongba Shilo, che risedeva nella grotta sacra di Baidi; questa regione è importantissima per la tradizione Naxi, infatti secondo la e leggende, un adepto Dongba è ufficialmente consacrato solo dopo un periodo di piena iniziazione presso i grandi Dongba di Baidi, il sito Dongba più significativo e sacro anche se esso non è l'unico luogo dove visse Shilo, come la caverna di Wenbi, presso la città di Lijiang.
Alcuni studiosi Naxi ritengono che la scrittura pittografica venne sviluppata proprio a Baidi, e da qui venne esportata a Baisha, la capitale della leadership Mu della regione di Lijiang, che divenne in breve il maggior centro per la produzione di manoscritti e la sede della maggior parte dei Dongba più autorevoli che ne erano gli stessi autori. (Mathieu C., 2003: 144)
Così come nel caso della nascita del buddismo nell'India settentrionale e della sua diffusione in Cina, Tibet e Giappone; (He Zhiwu nota 2 pg 144; Mathieu, 2003: 144) la scrittura Dongba avrebbe potuto originarsi presso Baidi sotto particolari circostanze e da laggiù essere disseminata ed essersi radicata per vari motivi a Baisha, sede della dinastia Mu, che aveva ovvio interesse a farne oltre che un centro politico il maggior centro cultuale del regno, divenendo così motore di diffusione della tradizione Dongba.
Se questo è vero, allora è anche plausibile legare se non l'origine, almeno la diffusione della tradizione Dongba e dei manoscritti alla stessa dinastia Mu ed al centro di Baisha.
Secondo la cronache storiche locali Mu Gao, il figlio di Mu Gong, visitò la grotta sacra di Baidi e la consacrò a Shili, un monaco eremita che vi risiedette 500 anni prima, e cioè nel 1050 circa, data che coincide con lo stabilirsi della dinastia Mu alla guida del regno Mo So Zhao.
Presso i siti sacri a Shilo vi sono altri luoghi non associati alla tradizione Dongba, ma da essi conosciuti, come per esempio le “grotte della tigre” il cui nome non può evidentemente derivare dalla presenza dei felini nella regione, le 3 “piccole grotte degli uomini” e le 3 “grandi grotte delle donne”, chiamate le grotte Guanyin, legate alla fertilità ed alla salute meta di pellegrinaggi e siti di preghiera; (Mathieu, 2003) di grande importanza, poi, sono le sorgenti d'acqua ed i laghetti del drago, sito consacrato anche da un tempio e caratterizzato da una serie di rocce sacre (simboli fallici) verso le quali ancora oggi le persone rivolgono preghiere per la longevità e per la fertilità, mentre nelle terme sino al 1949 donne e fanciulle non potevano bagnarsi nelle acque, (Mathieu, 2003: 145) discriminazione evidentemente fondata su una tradizione così fortemente radicata che persino oggi alle donne sia stata riservata l'area di balneazione più lontana dalla sorgente.
Gli studiosi cinesi classificano questa serie di luoghi sacri e le pratiche religiose come siti della “religione primitiva”Yunashi Zongjiao, ed attribuiscono la sua matrice ed il complesso dei rituali al sostrato Bön della tradizione Dongba.
L'espressione scritta della religione Naxi costituisce la tradizione manoscritta Dongba i cui testi sono scritti sia in caratteri pittografici che in caratteri fonetici Geba, ed erano realizzati con pennelli di Bambù, detti Meina Bei su pagine di papiro, rilegate insieme lungo il margine sinistro come un libro; i documenti Dongba, su carta, su tavole di legno, rotoli di papiro costituiscono un corpus di circa 20.000 testi dai quali sono stati riconosciuti circa 1300 tra pittogrammi semplici, compositi, fusioni e varianti, e di questi moltissimi erano inerenti a questioni religiose, mentre tra i vari documenti sono conservati alcuni esempi dei più antichi scritti dedicati alla danza nella storia della letteratura cinese.
I manoscritti erano generalmente costituiti da una copertina recante titolo e data e, in alcuni casi, il nome del Dongba autore dello stesso manoscritto, dunque il testo veniva realizzato e suddiviso in righe, 3 al massimo 4, e ciascuna riga poteva essere a sua volta suddivisa in colonne verticali che il Rock definì “rubriche”; anche in questo studio adotterò tale nomenclatura.
Non vi erano regole rigide e fisse per definire il numero di rubriche per ciascuna riga, nonché il numero di pittogrammi per ciascuna rubrica, e vi sono casi in una rubrica sia composta da un solo carattere, così come altri casi in cui una rubrica occupi quasi interamente una riga con moltissimi pittogrammi.
L'ordine di lettura dei pittogrammi è grossomodo funzionale alla legge “da sinistra a destra” e “dall'alto verso il basso”, ma vi sono moltissime varianti ed eccezioni a seconda del contesto e dell'autore, inoltre è necessario sottolineare che in un manoscritto Dongba ciò che deve essere letto non sempre corrisponde a quanto scritto, e questo prima di tutto per via del frequentissimo caso di omissione di intere parti del discorso e poi per i frequentissimi casi di omofonia o sostituzione dei pittogrammi stessi: nel primo caso, essendo i pittogrammi utilizzati non solo come un sistema di significanti e rappresentativi per indicare dei significati, ma come chiavi mnemoniche attraverso le quali il Dongba in atto di recitazione dello stesso manoscritto, possa accedere nella propria memoria al testo sciamanico/rituale conosciuto e tramandato, è possibile che con un semplice pittogramma, semplice o composito, si possa leggere un intero periodo composto da molte sillabe.
Dunque il “pubblico” destinatario dei manoscritti doveva essere ristretto alla cerchia degli stessi Dongba, ed i manoscritti, almeno in antichità, erano strumenti religiosi, realizzati per finalità cerimoniali; a partire dal XIV secolo, tuttavia, si assiste ad un incremento vertiginoso della loro produzione, nonché alla diffusione su tutto il territorio direttamente sotto la leadership politica dei Tusi della famiglia Mu. Tra questi numerosi manoscritti si riconoscono moltissime copie, con varianti locali e stilistiche dovute agli autori, di testi identici dedicati alla stessa cerimonia, ed è stato possibile identificare anche un certo numero di manoscritti redatti per la vendita al pubblico, così come avvenuto per i Mandala buddisti.
A prescindere dalla natura del manoscritto e da quale fosse la sua destinazione, è possibile affermare che la tradizione pittografica Dongba abbia almeno 3 dimensioni: una semantica, una fonetica ed una allegorico/mnemonico-simbolica; alcuni pittogrammi sono realizzati per indicare un significato, altri sono utilizzati come fonemi, ed altri ancora rappresentano ed alludono ad un periodo intero, (una frase fatta, un episodio mitico, dei nomi propri di persona, di eroi, di divinità, una leggenda o un mito per intiero, ecc...)
Queste ed altre caratteristiche di seguito esposte avvicinano la tradizione pittografica Dongba ad altre scritture antiche, quali quella Maya in primis, dunque quella Egiziana ed il sistema cuneiforme della Mesopotamia.
Sebbene il Dongba sia divenuto famoso per la sua caratteristica di pittograficità, l'analisi dei testi evince che questo sistema di scrittura contiene molti casi in cui i pittogrammi non hanno valore logografico/rappresentativo, ma sono utilizzati come fonemi, e nei testi compaiono così tanti casi di omofonia e di scambio tra significanti (polivalenza) che sembra impossibile poter trascurare l'importanza della caratteristica fonetica in questa scrittura, che dunque potrebbe essere vista, così come il geroglifico Maya, un sistema di scrittura fonosillabico, similitudine che sembrerebbe confermata anche dalla sovente presenza nei manoscritti dei caratteri fonosillabici Geba, utilizzati sia come integrazioni fonetiche (complementi fonetici) sia come logogrammi, significanti “da pronunciare” per indicare un determinato significato.
Dunque, assieme ed allo stesso valore logografico e raffigurativo dei pittogrammi non può che essere posto anche il valore sillabografico degli stessi, ma questa caratteristica dovrebbe essere già evidente se si pensasse che il pubblico a cui era destinato un testo Dongba, malgrado appartenente al mondo settoriale degli sciamani e della religione, doveva essere di lingua Naxi,e dunque sia che la tradizione pittografica sia nata in seno alla cultura Naxi, sia che essa sia stata “riutilizzata” in epoca Mu in un programma di unificazione religiosa del territorio di Lijiang, questa scrittura dovette essere creata o adattata all'espressione di una lingua sillabica.
Il sistema di scrittura Dongba può dunque essere scomposto in 2 principali elementi: i sillabogrammi ed i logogrammi (con o senza complementi fonetici), che combinandosi tra loro realizzano un linguaggio molto duttile, che si basa sulla polivalenza tra logorammi e sillabogrammi e sul principio di fusione.
I sillabogrammi sono quei pittogrammi che sono utilizzati come grafemi rappresentanti ed aventi il valore di una o più sillabe: essi possono essere utilizzati come unità fonetiche per la ricostruzione totale o parziale della pronuncia di un significato, come complementi fonetici e come particelle grammaticali.
I caratteri Geba, fonosillabici, sono sillabogrammi e risultano utilizzati in tutte e tre le modalità.
I logogrammi, o logografi, sono pittogrammi utilizzati come singoli grafemi e che rappresentano una parola o un morfema, dunque si differenziano per contrasto da altri sistemi di scrittura sillabici ed alfabetici, dove ogni significante rappresenta principalmente un suono o una combinazione di suoni. I logogrammi sono comunemente conosciuti come "ideogrammi" o "geroglifici".
Sovente i logogrammi risultano associati ad almeno un altro pittogramma, ivi utilizzato come sillabogramma, per specificarne e suggerirne la pronuncia e dunque disambiguare il significato del logogramma.
Nella tradizione pittografica manoscritta Dongba i pittogrammi ed i caratteri Geba, anche gli stessi significanti, possono essere utilizzati nello stesso testo sia come sillabogrammi che come logogrammi.
Alcuni pittogrammi, per la verità la maggior parte, sono polivalenti, ossia hanno molteplici significati sia omofoni sia dalla lettura diversa, e mentre la disambiguazione nel primo caso è possibile solo attraverso il contesto, nel secondo caso sono sovente presenti dei complementi fonetici (scritti in pittogrammi o Geba) che identificano il significato da attribuire al significante polivalente.
Molto spesso i complementi fonetici vengono raffigurati direttamente “dentro” o “attaccati” al pitogramma a cui si riferiscono, secondo quel principio identificato come principio di fusione proprio della scrittura Maya, principio per il quale due o più significanti (nel nostro caso pittogrammi e/o caratteri Geba) venivano uniti creando così un'unità grafica composita, e le parti fuse potevano essere a loro volta significanti semplici o compositi.
Le combinazioni danno così vita ad un sistema di scrittura molto duttile e variegato, capace di risolvere partendo da poche centinaia di significanti basilari, a circa 1300 pittogrammi con numerose varianti estetiche regionali.
Sembra comunemente accettato che la tradizione manoscritta Naxi sia strettamente collegabile ai libri religiosi tibetani, entrambe costituiti da una serie di pagine dotate di copertina anteriore e posteriore, rilegati sul lato sinistro e dai testi scritti da cantare/recitare in direzione sinistra – destra, alto - basso.
Per quanto riguarda i contenuti, il corpus dei manoscritti Dongba ad oggi conosciuto è del tutto dedicato alla pratica religiosa, ed è suddivisibile in 3 categorie principali: libri cerimoniali; libri indice (una lista dei manoscritti necessari all'esecuzione delle cerimonie, quali di essi recitare, modalità rituali, quali riti eseguire per la risoluzione di particolari problemi, origine dei demoni e pratiche per propiziarli e scacciarli, ecc...); libri di divinazione.
I manoscritti sono per la maggior parte dei casi dedicati alla propiziazione della fertilità (la parte della tradizione più antica), ai riti funebri, alla cacciata di spiriti e demoni, così come avviene per la tradizioni religiose dei popoli vicini ai Naxi, come la tradizione Daba dei Moso e la tradizione Bimo degli Yi, sono le pratiche ancestrali esorcistiche, di divinazione, di astrologia, di medicina, pratiche funebri, matrimoniali, ecc...
In questo corpus vi è un gruppo di circa 200 manoscritti Geba che consistono in formule magiche che risultano incomprensibili agli stessi Dongba, (Mathieu, 2003: 146; vedi note 6, 7) capaci di leggere ed interpretare solamente i manoscritti pittografici; l'impossibilità d'interpretazione di questi manoscritti e la presenza di una serie di formule magiche nei testi sembra suggerire che la scrittura Geba non possa essere considerato né uno stadio evolutivo successivo né un mero sistema di traslitterazione fonetica della scrittura pittografica, e dunque i manoscritti Geba non dovevano appartenere alla stessa tradizione alla quale sono dedicati i manoscritti pittografici, altrimenti i Dongba sarebbero stati capaci di comprenderne i contenuti.
Riferendosi alle chiare origini Tibetane della tradizione Dongba di chiara matrice Bön prebuddista, appare evidente che i manoscritti non contemplino tutto il panorama esoterico della tradizione Bön, e che delle sue 9 vie i Dongba ne praticassero solo 2: la via dello shen della predizione e la via dello shen del mondo visuale. (Jackson)
Le altre 7 vie dedite alla dottrina etica non sono rappresentate, e questo potrebbe derivare dal fatto che nel sistema degli adepti Dongba non vi fosse alcuna classe sacerdotale attraverso la quale mantenere e tramandare completamente la dottrina, (8 p 147) dunque è ipotizzabile che la tradizione Dongba si sia limitata alla pratica delle prime 2 vie della tradizione Bön, le 2 più antiche, (Snellgrove, nota 9 p 147) così come sembrerebbe plausibile dedurre che allora la tradizione Bön dei Naxi sia antica, così come già suggerito dal Rock e ripreso dalla Mathieu. (Rock, 1932; Mathieu2003: 147; nota 9 p 147)
L'analisi critica, la datazione e la classificazione del corpus letterario Dongba è molto difficoltosa, poiché nel corso della storia sono state redatte numerose copie di manoscritti uguali dedicati alle diverse cerimonie e con varianti locali; Rock contò circa 2000 cerimonie complete, gli studiosi cinesi del Dongba Research Institute hanno dimezzato questo numero a 1000 e Jackson ritenne che il corpus Dongba potesse razionalmente essere costituito da 133 cerimonie.
È impossibile, ad oggi, conoscere il numero complessivo dei manoscritti Dongba e ricostruirne il numero storico completo delle cerimonie, e le odierne ricche collezioni dei vari enti potrebbero rappresentare solo una frazione (piccola o grande) dei libri e dei manoscritti che si dovevano trovare anche nella sola Lijiang e Baisha prima della rivoluzione culturale; secondo lo studioso He Pingzheng è ipotizzabile che in un singolo villaggio Naxi potessero trovarsi anche 10.000 libri. (Mathieu, 2003: 147; 147 nota 14)
²Kha ²me ¹đu ³mi ²ki, miniatura
Il manoscritto, intitolato ²lv ²bar ²lv ¹za ³sa ³ma ³čung la cui traduzione può essere resa con " il secondo volume (³ma ³čung) della cerimonia per invitare (³sa) gli spiriti delle anime dei suicidi (²lv ²bar) a discendere (²lv ¹za) " appartiene al corpus dei manoscritti didcato alla celebrazione della cerimonia ²har ²la ¹lun ³kho.
La traduzione letteraria di ²har ²la ¹lun ³kho potrebbe essere resa con "eseguire (la cerimonia per il) vagare del vento", ed il nome si riferisce alla tradizione Dongba secondo cui le anime dei deceduti per morte violenta, e/o peggiore dei casi come in quello del manoscritto analizzato per suicidio, vagano con il vento e le nubi recando sciagure e malattie ed attirando al suicidio ed alla morte altre vittime.
La tradizione religiosa a cui accingiamo ad avvicinarci tramanda che alle anime dei suicidi sia riservato questo destino perché è imperativo che, al momento della morte di qualcuno, vi sia almeno una persona presente ad assisterne il trapasso, e se questo non avviene allora lo spirito del defunto diverrà un demone e vagherà unendosi allo spirito del vento stesso, causa di tempeste, malattie, epidemie, ecc…; queste anime dannate saranno impossibilitate per l’eternità ad essere accompagnate nel regno dei defunti per unirsi ai propri antenati, ma saranno destinate a rimanere per sempre senza riposo.
La tradizione Dongba imporrebbe più precisamente che nel momento della morte i parenti fossero presenti per cogliere l’ultimo respiro del morente, e dunque se il defunto fosse stato un maschio, sotto la sua lingua avrebbero dovuto esser messi 9 chicchi di riso ed una piccola pepita d’argento, mentre nel caso di una donna allora i chicchi di riso avrebbero dovuto essere 7 ed ugualmente sarebbe dovuto esser messo sotto la sua lingua dell'argento.
In questo antichissimo rituale i chicchi di riso rappresentano il cibo necessario al viaggio per raggiungere il regno dei defunti ed unirsi ai propri antenati, mentre l’argento occorre per pagare i demoni che sicuramente tenteranno di sbarrare la strada per il compimento dello stesso viaggio, e questa tradizione, non peculiarità culturale Naxi, è storicamente documentata in Cina già a partire dal III secolo d. C., come in 三国 San Guo (Zhi Yen I; Rock, 1939 - pg 6) quando Chu Ko Liang, nel suo letto di morte, si rivolge a Yang I chiedendogli ‘di non allestire alcuna cerimonia per il proprio lutto, ma di preparare un grande sarcofago nel quale deporre il proprio feretro e di porre 7 chicchi di riso nella sua bocca’; dunque è possibile ipotizzare che questo rito appartenesse ad una credenza diffusa e presente già nel 234 d. C., anno della morte di Chu Ko Liang; per quanto riguarda l’argento, forse potrebbe essere suggerito un parallelo con la nota usanza cinese唅口錢 Han Kou Quian , secondo la quale si soleva porre una moneta nella bocca del cadavere, che poi sarebbe stata rimossa ed indossata come amuleto dal figlio più anziano del defunto.
Questo manoscritto ed il contesto a cui appartiene rappresenta a mio avviso un ottimo exemplum del complesso dei rituali e delle cerimonie della tradizione Naxi, che sono circa 1.000, e la cui "versione manoscritta" costituisce il corpus letterario della tradizione Dongba ad oggi conosciuto, composto da circa 200.000 manoscritti; la maggior parte delle cerimonie ormai non sono più eseguite da secoli, o comunque non sono più eseguite tradizionalmente e completamente, sporattutto da dopo la fine dell’indipendenza della regione di Lijiang, nel 1723 d. C., dunque se ne è persa la memoria, e sebbene di ognuna di esse esistano specifici manoscritti dedicati, oggigiorno coloro che sono capaci di recitare i documenti, e quindi di eseguire le cerimonie sono rarissimi. (Janekovic Dragan, , personal comunication by emails, 2007).
Alcune cerimonie tuttavia, sono sopravvissute alla storia, soprattutto perchè esse erano ritenute di così fondamentale importanza per la vita dei Naxi che continuarono ad essere praticate fino all’epoca contemporanea (Rock, 1939), così come la cerimonia ²har ²la ¹lun ³kho, dalla cui letteratura proviene il manoscritto ²lv ²bar ²lv ¹za ³sa ³ma ³čung ivi codificato.
Come già accennato prima, dopo il 1723 nonostante l’adozione degli usi e dei costumi Han, la fortissima cinesizzazione dell’etnia Naxi che politicamente si concretizzò con lo stabilirsi dei magistrati cinesi al posto dei capi tribali locali nei centri principali della regione di Lijiang, gli abitanti dei villaggi delle regioni periferiche e montane mantennero i loro costumi e la tradizione originaria, cremando i loro morti e recitando varie cerimonie in loro onore, e tra queste la cerimonia ²har ²la ¹lun ³kho è una delle più popolari e delle più frequentemente eseguite almeno fino alla 1° metà del XX secolo. (Rock, 1939: 1).
L’adozione dei modelli cinesi in sostituzione delle tradizioni locali ha cancellato nella maggior parte dei centri della regione di Lijiang anche la pratica dell’amore libero, modello sociale in cui, ad esempio, non era considerata disgrazia avere “figli illegittimi” e nel quale si praticava un legame matrimoniale che può essere paragonato al sistema di "Walking Marriage" del vicino popolo Mosuo, che vedeva le coppie Naxi unite da un modello matrimoniale che la studiosa e scrittrice Francesca Freeman ha chiamato "unione itinerante" a causa del fatto che " [...] l'uomo debba camminare per poter raggiungere l'abitazione della propria amata durante la notte " (Freeman F., 2008, comunicazione personale per email; Freeman F., 2008 in pubblicazione), ma dopo il contatto e l’adozione forzata delle usanze cinesi, come il fidanzamento ed il matrimonio monogamo e combinato dai familiari dei giovani, la repressione sessuale ebbe il sopravvento sui costumi locali, e tra le reazioni d’intolleranza, soprattutto di fronte all’imposizione del vincolo matrimoniale “univoco” e perenne, si diffuse la pratica del suicidio rituale, nella lingua Naxi generalmente indicato dalla parola ²lv, e quando eseguito per impiccagione (la modalità più diffusa) esso era detto ¹ju ²vu.
Questo progetto di codifica mira all'implementazione di un sistema basato sullo standard TEI in grado di accogliere i documenti appartenenti al corpus della tradizione manoscritta Dongba, la cui peculiarità consiste essenzialmente nell'essere stati realizzati nella stragrande maggioranza dei casi con scrittura pittografica.
In questa versione realizzata con TEI P5 il testo originale è stato riprodotto tramite il tag facsimile grazie alla disponibilità di immagini digitali di buona qualità reperibili dall'archivio della Biblioteca del Congresso, una fonte preziosissima realizzata a cura del professorZhu Baotian dell'Università diKunming, dalla quale è possibile reperire immagini ad alta risoluzione e ridimensionate delle pagine di molti manoscritti Dongba.
La risorsa disponibile è stata poi non solo utilizzata per la riproduzione del facsimile digitale del manoscritto, ma ogni immagine della pagina è poi stata rielaborata con il software IMT - Image Markup Tool, realizzando così la marcatura dei pittogrammi e dei fonogrammi Geba, nonchè l'analisi dettagliata di ciascun pittogramma.
Ciascuna riproduzione digitale della pagina del manoscritto è possibile accedre alla corrispondente sezione prodotta con IMT, divindendo dunque la codifica e l'analisi più dettagliata del corpus dei pittogrammi e dei fonogrammi presenti nel manoscritto dalla codifica e dalla presentazione/riproduzione dell'intero manoscritto.
Ad ogni riproduzione della pagina segue dunque l'analisi e la codifica di ciascuna rubrica o di più rubriche, nella quale ho implementato la traslitterazione, la traduzione e l'analisi critica, che si presenta al di una riproduzione digitale della rubrica codificata (cioè una o più porzioni di una pagina del manoscritto), che segue immediatamente dopo l'intestazione head della rubrcia stessa.
Per quanto concerne la traslitterazione, ho scelto di seguire l'ortografia dello standard I.P.A., mentre per le modalità e la scelta dei criteri di traslitterazione ho seguito principalmente il modello di Janekovic, ( Dragan Janekovic, 2005: "¹Na ²Si srpski rečnik", Narodna biblioteka Srbije - Beograd 2005) , mantenendo e/o convertendo però anche alcuni schemi sillabici di Joseph Rock ( Rock J., 1963 "A ¹Na ²Khi English Encyclopedic Dictionary" part I e II, IMEO - ROMA) alle recentissime analisi linguistiche e di segmentazione fonetica di Alexis Michaud.
Personalmente considero l'opera di Rock essenziale e ponderante nello studio della scrittura pittografica Dongba, del popolo Naxi e della regione di Lijiang, le cui pecche, le cui carenze e "manomisssioni della realtà" sono senza dubbio numerose e costituzionalmente dovute dalla particolarissima personalità dell'autore, ma Rock, assieme al suo contemporaneo Peter Goullart ( Goullart P., 1957 "Forgottem Kingdom"; London - fruibile online) sono senza dubbio coloro i quali hanno documentato e vissuto l'etnia Naxi e l'espressione culturale della regione di Lijiang prima dell'arrivo della rivoluzione culturale e dell'attuale fenomeno del turismo etnico.
La metodologia poi di "non adetto al lavoro" del Rock, per quanto concerne l'analisi linguistica (Rock, un botanico, s'inventa di sana pianta una sua trascrizione del Naxi basata sulla sua istruzione in Cinese ed in Tibetano) se da un lato ha prodotto delle pubblicazioni in cui non vi è l'approccio "scientifico" (anche se questo è opinabile, dato che egli era un botanico capace e stimatissimo), dall'altro ha fatto così che allora, i dati di cui ci parla, non sono stati già "pretrattati" da un approccio settoriale (linguistico, storico, teologico, ecc...) e quindi ai miei occhi appaiono ancora più ricchi di dettagli dal valore incommensurabile per la ricostruzione OLISTICA della cultura Naxi e della tradizione Dongba; Rock e Goullart permettono quindi allo studioso che si avvicina alla tradizione manoscritta Dongba un'immersione in una società Naxi ancora "NON MODERNIZZATA", non raggiunta dal turismo, non stravolta dagli eventi politici ed economici dell'ultimo cinquant'ennio.
Per quanto riguarda il lavoro di traduzione, esso è molto complesso, e come accennato nell'introduzione al manoscritto ²lv ²bar ²lv ¹za ³sa ³ma ³čung i piani di lettura di un manoscritto Dongba sono sicuramente più d'uno, questo perchè la "realtà" che con essi si voleva esprimere non coincide con il concetto nostro contemporaneo di realtà, o di natura, o di cosmo, e dunque l'analisi di un testo siffatto e la sua codifica deve riuscire a rendere questa polivalenza, con l'adozione di una "struttura multistrato" dedicata ai diversi piani di analisi.
La stessa operazione oggettiva di lettura del manoscritto non avviene tramite la semplice lettura di significanti in esso trascritti.
Quando uno sciamano Dongba, o oggigiorno un docente dell'Istituto di ricerca Dongba di Lijiang legge un testo manoscritto, i fonemi che pronuncia non equivalgono ai significanti, e ad esempio da un semplice pittogramma
A volte ¹la è invece utilizzato foneticamente per omofonia come sostituto di altri glifi, o ancora è chiave, come in questo caso, della formula introduttiva ¹a ²la ²mua ³šar ²be ²thu ¹dzh i - all’inizio dei tempi, quando niente esisteva di ancora distinto, e dunque all'effettiva presenza della sola sillaba ¹la vengono invece lette, e dunque devono essere traslitterate nell'analisi del manoscritto, più sillabe.
Questa caratteristica della tradizione manoscritta Dongba è forse uno degli aspetti più affascinanti di questa espressione culturale così peculiare, ed è evidente che lo studio della letteratura Dongba non possa prescindere da un previo o contemporaneo processo di acculturazione verso la cultura e la tradizione Naxi, soprattutto per quanto riguarda il corpus vasto e molto complesso dei rituali a cui questi manoscritti sono stati dedicati.
Nel lavoro di codifica ho tentato di rendere la pluridimensionalità di lettura del manoscritto, strutturando dunque più piani di analisi interconnessi, il cui ordine numerico non corrisponde ad un ordine gerarchico d'importanza, ma corrisponde al processo di analisi ed ai percorsi che finora nello studio del manoscritto ho dovuto intraprendere.
Il primo piano dell'analisi, corrisponde alla prima parte del progetto di codifica con lo standard TEI e consiste nella riproduzione digitale di ciascuna pagina del manoscritto, operazione realizzata tramite l'iserimento delle immagini digitali reperite dall' archivio della Biblioteca del Congresso, inserite all'inizio della codifica attraverso il modulo facsimile, così da rendere immediatamente disponibile e fruibile una riproduzione del manoscritto ²lv ²bar ²lv ¹za ³sa ³ma ³čung : le immagini sono a bassa risoluzione per un'apertura più agile del file xml, e ad ogn'una di esse può corrispondere il link all'immagine digitale ad alta risoluzione oppure il link alla codifica dell'immagine digitale ad alta risoluzione eseguita con IMT.
Il secondo piano del lavoro consiste nella riproduzione e codifica di quelle porzioni di manoscritto corrispondenti ad una o più rubriche: per ogni rubrica ho inserito un'immagine digitale a bassa risoluzione e di seguito ho codificato la traslitterazione in Pinyin Naxi, la traduzione in Italiano e l'analisi ed il commento delle strutture e delle peculiarità della porzione di testo evidenziata.
Il terzo livello di codifica consiste invece nell'analisi specifica di ogni dettaglio di ciascuna pagina del manoscritto, pittogramma per pittogramma, come accennato precedentemente realizzato attraverso il software IMT - Image Markup Tool, uno strumento capace di realizzare la marcatura di un'immagine digitale definendone porzioni ed inserendovi tag xml in standard TEI: ad ogni pagina del manoscritto corrisponde laddove implementata, una pagina Html contenente il lavoro di codifica pittogramma per pittogramma eseguito sulla riproduzione digitale ad alta risoluzione della pagina in questione; il programma fornisce sia una visione delle annotazioni per categorie con cui è stata taggata l'immagine (1 clik sulla porzione d'immagine higlited o sul menù delle annotazioni), sia uno zoom sulla sezione d'immagine evidenziata (due clik sulla sezione immagine highlited).
La correlazione di questi diversi livelli di codifica ha così permesso l'implementazione di una struttura a mio avviso abbastanza articolata e capace di esprimere e rendere fruibile sul web un'analisi dettagliata del manoscritto ²lv ²bar ²lv ¹za ³sa ³ma ³čung ; ovvia la personale intenzione ed 'aspirazione ad estendere lo stesso sistema (con miglioramenti e revisioni opportune ed interminabili!!!) ad altri manoscritti Dongba, riuscendo così ad organizzare un corpus testuale la cui analisi ed il cui studio permettano in primis la salvaguardia di questo patrimonio dell'umanità, e dunque la diffusione della cultura Naxi e della tradizione religiosa della regione di Lijiang - Yunnan.
Di seguito riporto la mia traduzione della storia di ²Kha ²me ¹đu ³mi ²ki, basata sui manoscritti ²lv ²bar ²lv ¹za ³sa ²kv ³čung e ²lv ²bar ²lv ¹za ³sa ³ma ³čung appartenenti alla cerimonia ²har ²la ¹lun ³kho.
La storia di ²Kha ²me ¹đu ³mi ²ki è da considerarsi come uno dei capolavori della letteratura Dongba e più in generale dell'espressione culturale Naxi: il suo valore non si limita al campo letterario, poichè costituisce una preziosissima fonte d'informazione sullo status sociale e culturale della regione di Lijiang in tarda epoca feudale della storia della Cina, nel momento in cui i valori ed i modelli sociali convenzionali Han vennero imposti sulla popolazio e locale, mentre in precedenza erano sicuramente stati già abbondantemente praticati ed assimilati dall'elicte di potere dei Tusi Mu, alla corte di Baisha.
traduzione del 1° manoscritto dedicato al rituale ²lv ²bar ²lv ¹za ³sa.
traduzione del 2° manoscritto dedicato al rituale ²lv ²bar ²lv ¹za ³sa
le due versioni del finale della storia di ²Kha ²me ¹đu ³mi ²ki.