Ho notato che il mio approccio ad un paesaggio spesso consiste nell’iterpretazione di una scena, e non nell’oggettiva osservazione e riproduzione, attività per la quale la fotografia sembra davvero più adatta, almeno per me che ho scarsi doti da copista e da ritrattista.
La pittura di una scena così com’è – con ogni cespuglio, tutti gli alberi, i rami, ciottolo e sasso, ecc… al loro posto – rende il dipingere ed il risultato del dipingere un po’ noioso e freddo, e sembra dunque che invece di intraprendere un acquerello o un quadro stia per impegnarmi in una maratona.
Un’altra “spinta” all’interpretazione del paesaggio è poi data dalla volontà di rendere importante qualcosa nel dipinto, e dunque la resa oggettiva superdettagliata di tutti i minimi particolari risulterebbe col porre sullo stesso piano ogni soggetto contenuto nel paesaggio (che può a tutta ragione esser visto come una composizione, solo che i vari oggetti della composizione sono disposti dalla natura…), così da penalizzare ciò che invece avrei voluto emergesse e su cui focalizzare la mia attenzione nel dipingere, e l’attenzione altrui nell’osservare.
Nell’acquerello mi viene allora naturale semplificare notevolmente le parti del paesaggio di sfondo o di secondo piano, così come giocare con i colori in modo che risultino una base dala quale possa far risaltare alcuni particolari ed alcuni soggetti della scena dipinta…; il gioco dei colori e della loro diluizione è poi per me l’essenziale per la resa della luce, che davvero è nel 90% dei dipinti l’unica cosa a cui presto attenzione e che cerco di rendere per come la vedo.
Nella piccola fattoria presso Clashnessie, ho semplificato notevolmente i dettagli delle alture sullo sfondo, accennando solo qualche gioco di ombra con colore meno diluito, per poi far scomparire del tutto le stesse in coincidenza del centro della luce del dipinto e del lato destro; in entrambe quei “momenti” ho potuto così dare risalto e far emergere come centrali sia l’alberello di destra, sia la piccola fattoria a centro-sinistra.
Ho poi adoperato un’ulteriore semplificazione sia sul mattonellato della fattoria, sia sulla pietraia del muro, accennando la texture di entrambe le superfici solo in alcuni punti, così da lasciare che l’occhio dell’osservatore integri quel dettaglio sulla superficie dell’abitazione, senza però appesantirla io e senza rendere il tutto ridondante.
Questa modalità di “dipingere non dipingendo” i dettagli viene chiamata dal pittore acquarellista inglese Bellamy “the lost and found method“, ossia un espediente in cui si dipinge e si piazza strategicamente un dettaglio complesso e sottile, e dunque si lascia “sparire” con rapide pennellate (e nemmeno poi così tanto rapide!!!) in un pattern semplificato che suggerisce e riprende quel dettaglio.
Questa tecnica del lost and found è applicabile praticamente ad ogni “parte” del dipinto che ritengo necessaria o che abbastanza spontaneamente voglio rendere in una sorta di sfumatura non solo cromatica e delle linee, ma anche d’importanza e di centralità nella composizione.
Un altro esempio di lost and found è nell’acquerello della stalla e del granaio presso Braemar, dove ho applicato prima di tutto una notevole semplificazione di tutta la massa di conifere in secondo piano, accennandone con terra di Siena bruciata meno diluita solo le cime degli alberi ed alcune masse arboree; muratura e travi delle pareti dei due edifici sono anch’essi accennati in “punti chiave”, così come le fronde degli alberi dietro i due edifici non sono ritratti che sulla cima, mentre scendendo verso la base ho semplificato le forme con pennellate più diluite e più schiacciate, sovrapponendo più veli di colore, e mettendo così contemporaneamente in risalto le superfici chiare dei due casolari.
La resa della neve, con il suo colore uniforme bianco-bluastro, era inizialmente risultata troppo “piatta”, non avendo profondità e tridimensionalità, specialmente nella resa del sentiero curveggiante a destra e nella rotondità del lato destro del terreno in primo piano; a questo punto ho allora aggiunto dei lavaggi in blu diluito per rendere delle zone d’ombra, e dunque con terra di Siena bruciata ho lavorato in “wet on wet” per creare e ricostruire l’andamento curvilineo e la profondità del sentierino.
Infine, ho dipinto due radi cespugli, che grazie al gioco di ombra azzurra sulla neve, riescono a donare più tridimensionalità alla superficie nevosa.