Portrait to Roman Ratushnyi
Portrait to Roman Ratushnyi ( Kviv 05/07/1997 – Izjum 09/06/2022 )
Pastel on paper with printed pages 84 and 85 from Cecilia Sala, 2023 “L’incendio” Mondadori
[84] chiesto aiuto a Roman e lui era impaziente di darlo. Fonda una brigata di volontari che porta il nome del suo quartiere e della foresta che ha salvato, Protasiv Yar. Roman è utile per molte ragioni: è abituato a combattere, la sua lealtà alla causa è comprovata, da anni conosce le infiltrazioni russe in Ucraina, per esempio sa tutto degli oligarchi che hanno continuato a lavorare per Putin dopo il 2014 – ci ha avuto a che fare personalmente e pericolosamente. E perché non è solo, è il leader di un gruppo di attivisti con le stesse caratteristiche di un’unità militare già rodata, con una gerarchia, con dei ruoli e con spirito di squadra. La fiducia e la solidarietà interna a un gruppo non si creano da un momento all’altro e costruirle fa parte del tempo dell’addestramento: quando è scoppiata la guerra, la brigata Protasiv Yar era già pronta.
La mancanza di spirito di squadra nelle unità di mobilitati russi che sono stati schierati in Ucraina alla fine del 2022 è forse il più grave difetto immateriale dell’esercito di Mosca. Quando i maschi maggiorenni russi sono stati presi con la forza dalle loro case, dalle università, dagli uffici e anche dagli hotel dove erano in vacanza o dalle discoteche non c’erano abbastanza giubbotti antiproiettile, elmetti, lacci emostatici, stivali anfibi per tutti. L’esercito li ha invitati a procurarseli da soli, i prezzi di questi beni in Russia sono schizzati in alto e poi sono diventati introvabili. Nelle caserme dove sono stati portati i mobilitati e nei campi di addestramento, quelli che non si potevano permettere di pagare per quegli oggetti a quei prezzi, o che non hanno fatto in tempo a comprarli prima che andassero esaurite le scorte, hanno rubato ai loro compagni. Ci sono state risse, feriti, almeno un morto e spedizioni punitive. Se i soldati sono costretti a rubarsi gli stivali a vicenda ancora prima di conoscersi, sarà difficile creare spirito di squadra all’interno di quell’unità. E quando si arriva al fronte, meno c’+ solidarietà dentro un’unità, più ci sono morti dentro un esercito.
In Ucraina, il primo compito affidato alla brigata Protasiv [85] Yar è localizzare e poi partecipare all’imboscata per catturare Viktor Medvedčuk, un oligarca, un amico di Putin che avrebbe avuto un ruolo nel piano per sostituire Zelensky e poi nel nuovo governo filorusso di Kyiv. Per Roman, Medvedčuk è un nemico da molti anni: l’operazione fila liscia e i Protasiv Yar collaborano al suo arresto. L’oligarca amico di Putin servirà poi in uno scambio per liberare e riportare in Ucraina gli uomini della resistenza di Mariupol’, i soldati di Azov che si erano asserragliati nei sotterranei dell’acciaieria.
Pochi giorni dopo, Roman parte con la 93ᵃ brigata meccanizzata dell’esercito ucraino per Izjum, nella regione di Charkiv, che in quel momento è il posto più insanguinato assieme a Mariupol’. Il suo incarico è di far volare i droni militari.
Roman Ratushnyi è morto in combattimento a Izjum, d’estate, a 24 anni. Quando sono stata al suo funerale nella cattedrale di San Michele a Kyiv, la gente era così tanta che non potevi muovere le braccia. C’era anche Kateryna e c’era Mariam Naiem, c’era l’analista trentenne sulla lista di Putin degli ucraini da uccidere subito, c’erano ovviamente Svetlana, Vasia e Julija. In chiesa una signora mi ha detto: « Putin perderà, ma la sua vittoria sarà aver tolto a un paese che odia i suoi cittadini migliori. I più intelligenti, i più generosi, i più coraggiosi. Qui li chiamiamo “la generazione d’oro”. È migliore della mia, noi siamo stati tristi a lungo e la tristezza ci ha spenti: oggi vorrei che potessimo morire noi per conservare loro ».
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