Notte

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Notte

Notte
Attesa
Abolite distanze visibili
Portento di una gora di pace
Oltre Orfeo toccando passato e morte
Il reale della prolissità
Liberi

Notte
Guscio di luna
Intima periodica alcova
Vibrare di stella su cielo paonazzo
Geometrie cittadine lontane
Addomesticate
Luci

Notte
Tranquilla
Piccolo dito
Accolto dal palmo
Sonno di bimba su petto di mamma
Luce su voi ogni argento
Compie

Notte
Acqua di mare
Misteriosa materia blu
Sogni d’oro fra boccoli di stelle
Più che greco fato
Nemmeno Zeus può evitarti

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Treno

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Treno
 
Ad esempio la parola treno.
Dove corre?
È necessaria una ferrovia.
E anche una destinazione?
Intendo: con precisione?
Oppure basta andare, io non conduco.
Esser condotto.
Esser seduto.
E carrozze nuove o malandate,
Vetture.
Io sono condotto seduto
in una vettura di un vettore.
E controllore.
Ho il biglietto anzi no!
Sono abbonato.
Dunque treno è pendolare quotidiano.
Macchinista e capotreno.
Alba e tramonto al finestrino.
Oro inciampa ed accarezza.
Occhi sbocciano striature
Come il miele, quel colore
Quando lo attraversa luce.

Noce.
Treno è noce passeggera.
Passeggeri i suoi utenti.
Tanti?
Pochi?
Sempre troppi.
E comunque sempre occhi.
Sguardi schivi e rumorosi.
Ancor più della ferraglia
Del treno che sfreccia a tutta birra.

Treno,
che cosa?
I miei libri.
Fame e sete di poesie.
Borsa piena da scoppiare.
Di parole di cui non parlare
Da immaginare d’immaginare.
Treno è parole
E cos’altro?

Treno
è scrittura.
Treno è autori da prendere appunti
Da prendere a pugni
Nella faccia e sui fianchi.
Per i finali e gli incidenti
Di percorso delle rime
su cui deraglio.
Treno è versi
su cui mi scaglio.

Treno.
Ma che altro?
Paesaggi.
Passaggi di paesaggi.
Allusioni di messaggi.
Sullo sfondo la lentezza
E davanti
soloiltempodiunosguardo.

Treno.
Anche a bordo sicuramente
È respirare continuamente.
Che fatica farlo sempre.
Treno allora
è compreso nel respiro.
Come tutto treno è mentre.

 

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Mi è bastato volerlo

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Mi è bastato volerlo,
E quella sera intorno a quell’ora
Io volavo.
Sotto.
La folla arrotondata di stadio
rumorosa rotolata
al guinzaglio degli affari.

La vita?
Compiangerli?
Forse mi compiangono?
Mi divorano.
Divorano il paese.
E mi hanno divorato
Fino alle ossa del silenzio della sera.
A quell’ora.
– Mi è bastato volerlo.
Ed ho volato.
Sotto. –
Le urla virili nere verde bile
mi vomitano a destra.
E i cori a voci rosse
mi vomitano a sinistra
Dove
Il macellaio insanguinato del tramonto
Ha appena finito di sventrare
carogne di vacchenubi.

Capisco.
La merda è normale.
E ci vuole poco per infiammare
Persone pazze come me.

– Mi è bastato volerlo –

Volo.
Sono sopra la mia casa,
Ed il rapporto con mio padre,
Ed il libero arbitrio.
E sopra a tutto cosa c’è?
Ci sono piedi di luna rosa impertinenti:
Camminano tra le nubi
E i raggi ultimi di giorno
Raccolti al seno di frumento
in fasci di sole
Da dita di rondine.

Mi è bastato volerlo.
Volo.
E sotto,
La folla di puttani ingradinati intribunati
Ritornata a casa.
Dispersa.
Lo so!
In realtà diffusa.
Capillarizzata.
Come la metastasi del cancro.

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Будет луна – verrà la luna

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Будет луна.
Есть уже
немножко.
А вот и полная повисла в воздухе.
Это Бог, должно быть,
дивной
серебряной ложкой
роется в звезд ухе́.

Владимир Маяковский
ЛУННАЯ НОЧЬ
Пейзаж

***

Verrà la luna.
È già apparsa
Un po’.
Ma eccola sospesa piena nell’aria.
Dev’essere Dio
Che con meraviglioso
Cucchiaio d’argento
Rimescola la zuppa di pesce stellare.

Vladimir Majakowskj
Notte di luna
Paesaggio
1916

 

Olivia
Olivia

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Tu sei

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Tu sei
i giocattoli con i quali hai giocato,
il dialetto che hai parlato, tu sei
i nervi a fior di pelle durante i test
di ammissione all’università, i segreti
che hai portato dentro d te,tu sei la tua
spiaggia preferita, tu sei
la rinascita dopo un incidente
scampato, quell’amore confuso che hai
vissuto, il discorso serio che hai avuto
con tuo padre, tu sei ciò che ricordi.
Tu sei la nostalgia che senti
di tua madre,
sogno rotto quasi sull’altare
l’infanzia che ricordi, il dolore
di non esser riuscito con certezza,
di non aver parlato al momento giusto,
tu sei quello che fu
amputato nel passato,
l’emozione
d’un frammento di libro,
scena della strada
che ti ha strappato lacrime,
tu sei ciò che piangi.
Tu sei un abbraccio inaspettato,
la forza data all’amico che ha bisogno,
tu sei il pelo del braccio che si rizza,
la sensibilità che grida,
l’affetto che scambi,
tu sei le parole dette per aiutare,
le grida sbloccate dalla gola,
i pezzi che unisci,
tu sei l’orgasmo,
la risata,
il bacio,
tu sei ciò che tu sfoghi.
Tu sei la rabbia
di non esser riuscito, l’impotenza
di non riuscire a cambiare, il disprezzo
per gli altri che mentono, la delusione
per il governo, l’odio che tutto ciò crea,
tu sei chi rema,
chi stanco non rinuncia,
tu sei l’indignazione
per i rifiuti buttati dall’auto, l’ardere
della rivolta, tu sei ciò che bruci.
Tu sei quello che
rivendichi,ciò a cui riesci a dare origine
tramite la tua verità e la tua lotta,
tu sei i diritti che hai,
i doveri ai quali ti obblighi,
tu sei la strada sulla quale
corri indietro, strisci,
apri varchi, cerchi,
tu sei ciò che difendi.
Tu non sei solo ciò
che mangi o vesti. Tu sei
ciò che pretendi, riunisci,
scarabocchi, tracanni,
godi e leggi.
Ciò che nessuno vede
Tu sei.

Da M. Medeiros

Tu sei Yonghegong, Beijing
Tu sei
Yonghegong, Beijing

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Stupore

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Stupore

Perché mai a tal punto singolare?
Questa e non quella?
E qui che ci sto a fare?
Di martedì?
In una casa e non nel nido?
Pelle e non squame?
Non foglia, ma viso?
Perché di persona una volta soltanto?
E sulla terra?
Con una stella accanto?
Dopo tante ere di non presenza?
Per tutti i tempi e tutti gli ioni?
Per i vibrioni e le costellazioni?
E proprio adesso?
Fino all’essenza?
Sola da me e con me?
Perché mi chiedo,
non a lato,
né a miglia di distanza,
non ieri,
né cent’anni addietro,
siedo
e guardo un angolo buio della stanza
come,
rizzato il capo,
sta a guardare
la cosa ringhiante che chiamano cane?

Wislawa Szymborska
Stupore

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Elegia di Viaggio

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Elegia di viaggio
 
Tutto è mio, niente mi appartiene,
nessuna proprietà per la memoria,
e mio finché guardo.

Dee appena ricordate, già incerte
delle proprie teste.

Della città di Samokov solo la pioggia,
nient’altro che la pioggia.

Parigi dal Louvre fino all’unghia
si vela d’una cateratta.

Del boulevard Saint-Martin restano scalini
e vanno in dissolvenza.

Nient’altro che un ponte e mezzo
della Leningrado dei ponti.

Povera Uppsala,
con un briciolo della grande cattedrale.

Sciagurato ballerino di Sofia,
corpo senza volto.

Ora il suo viso senza occhi,
ora i suoi occhi senza pupille,
ora le pupille di un gatto.

L’aquila del Caucaso volteggia
sulla ricostruzione d’una forra,
l’oro falso del sole
e le pietre finte.

Tutto è mio, niente mi appartiene,
nessuna proprietà per la memoria,
e mio finché guardo.

Innumerevoli, inafferrabili,
ma distinti fino alla fibra,
al granello di sabbia, alla goccia d’acqua
– paesaggi.

Neppure un filo d’erba
conserverò visibile.

Benvenuto e addio
in un solo sguardo.

Per l’eccesso e per la mancanza
un solo movimento del collo.

Elegia di Viaggio
Wislawa Szymborska

 

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Progetto un mondo, nuova edizione

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Progetto un mondo, nuova edizione,
nuova edizione, riveduta,
per gli idioti, ché ridano,
per i malinconici, ché piangano,
per i calvi, ché si pettinino,
per i sordi, ché gli parlino.

Ecco un capitolo:
La lingua di Animali e Piante,
dove per ogni specie
c’è il vocabolario adatto.
Anche un semplice buongiorno
scambiato con un pesce,
àncora alla vita
te, il pesce, chiunque.

Quell’improvvisazione di foresta,
da tanto presentita, d’un tratto
nelle parole manifesta!
Quell’epica di gufi!
Quegli aforismi di riccio,
composti quando
siamo convinti
che stia solo dormendo!

Il Tempo (capitolo secondo)
ha il diritto di intromettersi
in tutto, bene o male che sia.
Tuttavia – lui che sgretola montagne,
sposta oceani
ed è presente al moto delle stelle,
non avrà il minimo potere
sugli amanti, perché troppo nudi,
troppo avvinti, col cuore in gola
arruffato come un passero.

La vecchiaia è solo la morale
a fronte d’una vita criminosa.
Ah, dunque sono giovani tutti!
La Sofferenza (capitolo terzo)
non insulta il corpo.
La morte
ti coglie nel tuo letto.

E sognerai
che non occorre affatto respirare,
che il silenzio senza respiro
è una musica passabile,
sei piccolo come una scintilla
e ti spegni al ritmo di quella.

Una morte solo così. Hai sentito
più dolore tenendo in mano una rosa
e provato maggiore sgomento
per un petalo sul pavimento.

Un mondo solo così. Solo così
vivere. E morire solo quel tanto.
E tutto il resto eccolo qui –
è come Bach suonato sul bicchiere
per un istante.

Wislawa Szymborska

Progetto un mondo

 

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8 Marzo 2017

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8 Marzo 2017

Mia nonna era dop
pia mamma come la vos
tra. Non era diver
sa, non era speciale,
eraunadonnanormale unanonna.
Crea tu raaparte.
Aveva
il grembiule che sapeva
di tutti
i sapori del mondo. Segreti
dei nipoti. Storie
e altri personaggi.
Il calzone
fritto che richiamava le frittelle
per un eco di mozzarelle
fumante.
Amante
del gusto.
Quando muore una non
na capisci che
lavitalontanaè
da ogni altro
esempi-o quotidiano.
Vedovaemadregiovanissima.
Cinquant’annid’assenzeepresenze.
Un’unicaragione
del cuore. Un solo
uomo per il resto del
lavi
ta.
Ave
te
senti
t
o?
Un
solo
uomo
nel
beneenelmale.

Liberamente tratto da G. Falconi

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Verde vento di Grecale

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Vento verde mare verde
Creste bianche
Orizzonte.

Scoglio viola, scogli rosa.
Nubifragio?
Troppo vento.
Adagio.
Verde vento non stai calando.
Troppo freddo, non scirocco.
Bianco.
Vela.
Fiocco.
Bianche vele, bianche ali.
Bianca.
La Sapienza.
Verde volo di gabbiano.
Mente spenta.
mi registro.
Sinistro.
Destro.
Io divido il mio respiro.
Mi scompongo.
Avvito.
Giro.
Vento verde, mare verde
Aria verde polpastrelli
Dita tese.
Morbidezza.
Stalli.
Di gabbiani controvento.
Di ogni parte in movimento.
Verde e lento mare accanto.

Gazza ride merlo canta.
Verde vento risa nere e bianche.
Giallo merlo mi spalanca.
Parte piena un po’ vuota ruota.
Mi riesco.
Mente spenta. Mente aperta.
Scoperta.
Sono io il mio padrone.
Sono io il mio respiro.
Sono mio io.
Sono io la mia spirale.
Verde mare.
Verde vento di Grecale.

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